Lettere dal Seminario- Parrocchia Santi Fermo e Rustico - Cusago - ParrocchiaCusago

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Lettere dal Seminario
FRANCESCO
Seminario Arcivescovile di Milano - Venegono Inferiore
MARCO
Seminario Arcivescovile di Milano - Venegono Inferiore
MASSIMO
Seminario Arcivescovile di Milano - Venegono Inferiore
Lettere dal Seminario - "Camminando Insieme" n°129 - MAGGIO 2019

Da Francesco:
Amici carissimi,
 
oggi vi scrivo per raccontarvi di un gruppo di interesse di cui faccio parte quest’anno, in Seminario. È il gruppo Va.Li.Ca., ovvero Vangelo Liturgia Catechesi. Nato diversi decenni fa con l’obiettivo di raccogliere materiale e sussidi per le varie attività della pastorale, in seguito “morto”, un paio di anni fa è “risorto” (a proposito del tempo che stiamo vivendo!), non più semplicemente per catalogare materiale più o meno utile, ma soprattutto per formarsi e scoprire insieme come proporre, in particolare ai ragazzi, cammini nuovi di catechesi, o addirittura (dato il contesto in cui viviamo) di evangelizzazione, di primo annuncio!
 
Concretamente, durante questo anno abbiamo anzitutto tentato (non ci siamo ancora riusciti del tutto) di rivalorizzare lo spazio del Va.Li.Ca., selezionando i sussidi utili, ristrutturando l’ambiente che cadeva praticamente a pezzi, in modo da renderlo uno spazio accattivante di informazione e confronto.
 
Inoltre, abbiamo progettato insieme un incontro rivolto ad un gruppo di preadolescenti della parrocchia del quartiere Crocetta di Cinisello Balsamo, partendo dal tema “crescere, scegliendo” e dal brano di vangelo di Gesù dodicenne al tempio.
 
Poi, abbiamo vissuto un pomeriggio proprio a Crocetta, per assistere ad un incontro di catechismo (o meglio di Inizia-zione Cristiana), scoprendo una modalità molto particolare, direi profetica: la suora che si occupa dell’Iniziazione Cristiana ha dovuto constatare l’impossibilità di trovare giovani e adulti che si rendessero disponibili come catechisti, e ha così scelto di percorrere una via apparentemente ardua, ma molto feconda, coinvolgendo le famiglie dei ragazzi. In-somma, la famiglia che desidera per il proprio figlio i sacramenti deve impegnarsi in prima linea, pensando con la suora il cammino e partecipando sempre agli incontri, accanto al ragazzo. Questo fa sì che la Chiesa, la parrocchia, di-venti una vera e propria “famiglia di famiglie”, dove si cresce insieme, genitori e figli. Il risultato è un cammino che davvero punta alto, dei ragazzi che sono davvero formati e vivono volentieri la catechesi, e delle famiglie che riscoprono insieme la bellezza del Vangelo e della preghiera.
 
Infine, pochi giorni fa, noi del Va.Li.Ca. abbiamo incontrato don Paolo Steffano, parroco a Baranzate, nonché Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Don Paolo, oltre ad un incredibile impegno per l’integrazione in un quartiere dove convivono 72 etnie diverse (il 40% della popolazione è straniera), da ormai vent’anni ha dato vita, insieme ad un’equipe di volontari, ai cammini Effatà e Antiochia e a tutta una serie di proposte incentrate sulla Parola di Dio, per scoprire (forse per la prima volta) il sapore e il gusto di un Vangelo vivo, attraente, capace di dar luce alla vita, mediante letture e drammatizzazioni bibliche, momenti di ascolto, tempi di silenzio, spazi di condivisione e una metodologia interattiva che richiede ai partecipanti la disponibilità a lasciarsi coinvolgere.
 
Su tutto questo avrei moltissimo da raccontare, e forse – spero – ne verrà l’occasione. Il senso, però, di questo gruppo, di cui ho deciso di far parte, è imparare a leggere il mondo di oggi e il tempo che stiamo vivendo, per interpretarlo e trovare così il modo giusto per annunciare il Vangelo ad una generazione (la nostra!) che non ne ha mai gustato la bellezza.
 
Vi saluto, vi abbraccio e vi chiedo di custodirmi nella vostra preghiera, sapendo che voi siete nella mia.
 
A presto, Francesco

Da Marco:
Cari cusaghesi,
 
eccoci arrivati all’ultimo tratto dell’anno seminaristico: il tempo di Pasqua che, dopo le ultime settimane di lezione, ci porta direttamente agli esami e al tempo estivo, con gli oratori feriali e le vacanze coi ragazzi.
 
Ma oggi, domenica 5 maggio, voglio soprattutto condividere con voi questa bella notizia: sono stato ammesso alla verifica della commissione De Promovendis per il conferimento del Diaconato il prossimo sabato 28 settembre!
 
Durante la settimana Santa, infatti, sono avvenuti gli ultimi colloqui del discernimento conclusivo di noi seminaristi di quinta teologia (tra cui anche il mio!). E pochi giorni fa il Rettore ha comunicato alla comunità del Seminario, rendendo così possibile sciogliere il segreto e comunicare la notizia, l’esito di ciascuno noi: 24 seminaristi, superato il passaggio della commissione De Promovendis, saranno ordinati diaconi alla fine di settembre appunto.
 
Questa commissione, per intenderci, ha il compito di raccogliere informazioni sul “conto” di ciascuno di noi, presso la nostra Parrocchia di origine e presso l’attuale Parrocchia di pastorale: verranno quindi ascoltati il Consiglio Pastorale, alcune persone scelte dal Parroco e tutti coloro che, in un determinato giorno, avranno il desiderio di recarsi dal commissario perché hanno qualcosa da comunicargli.
 
Questo passaggio è necessario per coinvolgere tutto il popolo di Dio nella scelta che la Chiesa fa di un candidato al Diaconato e al Presbiterato, seguendo quello che più volte papa Francesco ha chiamato il “fiuto” del popolo di Dio, parallelamente a tutto quello che è stato il cammino di questi anni di Seminario.
 
Ringrazio il Signore di tutto il cammino fin qui percorso e della fiducia che ripone in me, ben consapevole che in realtà tutto è grazia e l’unica certezza è la sua fedeltà!
 
E ringrazio anche voi per l’affetto, la stima e la vicinanza di questi anni. Vi chiedo di continuare ad accompagnare me e i miei compagni con la preghiera e l’amicizia, certi che anche da parte mia non mancherò di affidare al Signore Gesù le vostre famiglie e le vostre intenzioni di preghiera.
 
Un abbraccio fraterno! Marco
Lettere dal Seminario - "Camminando Insieme" n°127 - APRILE 2019

Da Marco:
Cari cusaghesi,
eccoci quasi al termine della Quaresima. L’esperienza più bella e più intensa di cui vorrei parlar-vi, che ha dato il tono e la direzione a questo tempo importante che ci conduce a Pasqua è stata per me – ma penso di poterlo dire per tutti i seminaristi! – quella degli Esercizi Spirituali.
Domenica sera 10 marzo, con la preghiera di compieta, è iniziata per noi la settimana di silenzio e di preghiera, uno spazio e un tempo privilegiati per crescere nell’intimità con il Signore Gesù che, come ci narra l’evangelista Marco:
Salì poi sul monte, chiamò a sé quelli che egli volle ed essi andarono da lui. (Mc 3, 13).
Ci siamo così sentiti come i discepoli, portati in disparte da Gesù per stare soli con Lui. Certo, per un tempo limitato, perché poi bisogna sempre scendere dal monte e tornare nella vita ordinaria, tra la gente! Un tempo che però mi è servito molto per ritornare all’origine dell’amicizia con Lui e riprendere tutto il percorso che, prima dell’ingresso in Seminario, mi ha condotto fin qui; ed è stata anche un’occasione preziosa per fare sintesi di questi anni di cammino e di formazione e rendermi disponibile a ciò il Signore vorrà chiedermi, con i miei pregi e tutti i miei limiti.
Ogni giornata prevedeva due meditazioni, una al mattino e una al pomeriggio; la celebrazione eucaristica e la preghiera della liturgia delle ore in comune; un momento di adorazione eucaristica, durante il quale soffermarci su ciò da cui eravamo colpiti e confidare a Gesù desideri e timori; la possibilità della riconciliazione sacramentale e di un confronto con il padre spirituale o con la predicatrice.
La predicatrice, sì! Perché quest’anno a proporci le meditazioni è stata una donna, Rosalba Manes, una consacrata dell’ordo virginum e biblista, che ha messo a nostra disposizione le sue capacità e le sue competenze proponendoci un tema trasversale al testo biblico e che ha toccato molto la nostra vita di seminaristi: “Le relazioni: l’apprendistato dell’alterità nella Bibbia”. Le varie meditazioni hanno dunque puntato e ci hanno fatto riflettere su come noi viviamo le nostre relazioni con gli altri e con l’Altro: qui in Seminario, in famiglia, nelle esperienze di attività pastorale, nella preghiera.
Un tempo forte, davvero, soprattutto vivendolo in questo anno di quinta teologia dove è tempo di tirare le fila e affidarsi ancora di più alla volontà del Padre, invocando lo Spirito Santo che ci modella secondo i pensieri e i sentimenti di Cristo.
E allora vi auguro di voler e di poter trovare qualche tempo (anche solo una mezza giornata!) in cui staccare da tutte le attività che vi occupano, per mettervi in ascolto dello Spirito e lasciarlo agire in voi, guidati da qualcuno che possa indi-carvi qualche suggerimento per la lettura della Parola di Dio: ne uscirete sicuramente edificati e consolati, trovando nuovo slancio per arrivare preparati alla celebrazione della Pasqua e per portare a chi vi sta intorno la gioia del Vangelo!
Concludendo, vi ringrazio per la stima e l’amicizia che mi dimostrate: anzitutto sono contento di aver rivisto e aver potuto salutare diversi di voi in occasione del lettorato di Francesco; e inoltre vi invito a tornare in Seminario per la festa del 1 maggio. Sicuramente sul notiziario verrà pubblicato il programma completo: date un occhio a quello, sicuramente ci sono occasioni per tutti, grandi e piccoli!
Una preghiera reciproca!
Marco
Lettere dal Seminario - "Camminando Insieme" n°125 - MARZO 2019

Da Francesco:

Amici carissimi,
il tempo come sempre sta volando, e così, mentre mi sembra di aver appena vissuto l’Ammissione e la Vestizione e di essere appena entrato nel cammino del Quadriennio, ecco che mi trovo già alle porte di un’altra importante tappa. Infatti, sabato 16 marzo io e i miei diciassette compagni saremo istituiti lettori dal card. Angelo Scola. Giustamente vi chiederete: ma cosa significa? In chiesa, durante la liturgia, non può proclamare chiunque la Parola di Dio? In effetti è così: se un tempo solo i lettori istituiti potevano, appunto, leggere le letture della Messa, oggi tutti i fedeli possono farlo! Dunque è quasi sparito il segno visibile di questo ministero, ma reste il cuore, il senso: da questo momento la Chiesa ci chiede “ufficialmente” di collaborare con lei per “proclamare la Parola di Dio nell’assemblea liturgica, educare alla fede i fanciulli e gli adulti e guidarli a ricevere degnamente i Sacramenti, portare l’annuncio missionario del Vangelo di salvezza agli uomini che ancora non lo conoscono”, “accogliendo questa Parola in noi stessi con piena docilità allo Spirito Santo, meditandola ogni giorno e rendendo testimonianza con la nostra vita”, “perché germogli e fruttifichi nel cuore degli uomini” (queste sono le parole che il vescovo dirà). Insomma, tutto questo non sarà più qualcosa che facciamo perché “ce la sentiamo”, o perché ci piace, o perché l’abbiamo sempre fatto, o perché ci sembra una cosa buona: adesso è la Chiesa che ci sceglie e ci manda!
Inoltre il lettorato è (e speriamo che sia) qualcosa che trasforma anzitutto noi che lo riceviamo: “(r)imparare” a leggere ci insegna anche a “leggerci”: noi leggiamo la Parola, ed essa ci legge; noi la interroghiamo, ed essa ci raggiunge e ci tocca con le sue domande”. E così scopre in noi ciò che non è alla sua altezza, per trasformarlo e farlo fiorire.
Non solo: Agostino paragonava la Bibbia a delle lettere che ci sono personalmente indirizzate, anche se prendono la forma di una lettera circolare. Esse ci parlano di questioni di vita o di morte. Quando leggiamo la Bibbia in questo modo, e la accogliamo come una lettera in cui i nostri nomi sono scritti con l’“inchiostro simpatico” della grazia, noi entriamo in una storia più grande di noi, a cui ormai apparteniamo anche noi, se ascoltiamo; in una storia santa, che ci tiene per mano e accompagna la nostra piccola storia. Potremmo dire che viene verso di noi un immenso oceano sonoro fatto di mille, anzi di milioni e miliardi di voci e di strumenti, e noi abbiamo la gioia di diventarne una nuova minuscola onda, con il nostro flauto un po’ stonato, o con la nostra voce a volte tremante.
San Gregorio Magno scriveva: “A che cosa paragonerò la parola della Sacra Scrittura, se non alla pietra in cui è nascosto il fuoco? La pietra focaia, se la si tiene in mano, è fredda, ma percossa con un ferro sprizza scintille; e questa pietra, che prima in mano era fredda, ora emette un fuoco che poi arde”. Il Vangelo ha bisogno anche di noi (per fortuna non solo!) per continuare a “bruciare” e far ardere i cuori di tutti gli uomini!
Beh, visto in questa prospettiva il Lettorato non è poi così inutile, anzi è qualcosa di grande e di importante, per la Chiesa e per il mondo, rispetto a cui forse è impossibile sentirsi del tutto all’altezza. Per questo sento il bisogno della vostra vicinanza (che, in effetti, non è mai mancata), anzitutto nella preghiera, e poi, per chi potrà, anche con la presenza: sabato 16 marzo, dalle ore 10, nella basilica del Seminario. Io e i miei compagni vi aspettiamo, per pregare, festeggiare, e continuare a camminare insieme!
A presto, Francesco

Da Marco:
Cari cusaghesi,
dopo il tempo degli esami e la ripresa delle lezioni, adesso siamo protesi all’inizio della Quaresima: sabato prossimo infatti sarà carnevale e domenica, il 10  marzo, inizierà questo tempo che ci prepara e ci conduce alla celebrazione della Pasqua annuale.
Anche in questo mese sono tante le cose che si sono succedute qui in Seminario, sebbene abbia predominato l’ordinarietà delle faccende quotidiane!
Nel mio piccolo sono riuscito a terminare la tesi, e ne sono contento!, così ora dedicarmi con un po’ più di calma anche a dare un po’ più di tempo ai corsi di studio e agli impegni di pastorale. Vi avevo anticipato qualche cosa nella lettera di dicembre: Il tema che ho scelto riguarda il capitolo ottavo di Amoris Laetitia, l’esortazione apostolica che papa Francesco ha scritto e pubblicato nel marzo del 2016, dopo il Sinodo sulla famiglia. Il capitolo ottavo prende in considerazione le situazioni di difficoltà e di fragilità che caratterizzano tanti matrimoni cristiani e quelle unioni, come le convivenze o i matrimoni civili, che non rappresentano in pienezza l’ideale cristiano e che riguardano tante coppie a noi vicine.
È stato un lavoro interessante che, anzitutto, mi ha permesso di leggere con attenzione i contenuti del capitolo ottavo – Accompagnare, discernere, integrare le fragilità – e, quindi, confrontare le diverse reazioni che esso ha suscitato nei teologi e nei pastori: da un lato chi ha affermato che con Amoris Laetitia nulla è cambiato per queste situazioni “irregolari”, dall’altro chi ha visto una grande apertura da parte del Papa e dei Padri sinodali, fino alla possibilità di accedere ai sacramenti per chi vive queste situazioni.
Infine, su suggerimento del docente che mi ha seguito nel lavoro, sono tornato alle parole che Gesù nel Vangelo pronuncia sul matrimonio e sul divorzio, per cercare di cogliere come le posizioni dei teologi si rifacessero anche a ciò che Gesù ha insegnato.
È stato un lavoro che, nella sua complessità, si è rivelato interessante. Quindi alla fine sono soddisfatto e contento di aver scelto questo argomento molto attuale.
Risultato? Beh… non è semplice arrivare a una conclusione univoca sulla questione dei divorziati risposati!
Di certo è utile porre alcuni punti di partenza: Amoris Laetitia tratta queste situazioni all’interno di un discorso più ampio (un capitolo di nove!) sulla bellezza e il significato del matrimonio, quindi l’intento non è solo “risolvere” le situazioni più complesse, anche se non vengono tralasciate ma attentamente considerate; poi bisogna essere coscienti che la questione non sta solo nel chiedersi: “la comunione ai divorziati sì/no?”, perché purtroppo – spesso – tutto viene ridotto a questa domanda.
Poste queste premesse, si coglie come punto fermo – dalle parole di Gesù, da Amoris Laetitia e dalle varie posizioni assunte dai teologi – il valore dell’indissolubilità del matrimonio, che non si può sciogliere così per così! E, a partire da questa consapevolezza, l’intervento dei Padri sinodali e del Papa circa le situazioni “irregolari” ha voluto puntare molto sulla categoria del discernimento e della misericordia pastorale per ogni singolo caso: ogni situazione deve essere accompagnata in modo personale e, solo all’interno di questo accompagnamento, sarà possibile discernere – alla luce delle indicazioni dei Vescovi e delle Chiese locali – in che modo il singolo o la coppia in difficoltà potrà vivere più pienamente e consapevolmente la sua appartenenza alla Chiesa.
Chiedo scusa se ho usato qualche parola difficile in più rispetto al solito, ma ci tenevo a rendervi partecipi di questo lavoro di tesi e, soprattutto, del lavoro che la Chiesa ha fatto e porta avanti per cercare di essere realmente vicina alle situazioni che i suoi figli e le sue figlie vivono.
Mi fermo qui, e vi auguro un buon inizio di Quaresima!
La settimana prossima in comunità vivremo la settimana di Esercizi Spirituali e di silenzio: vi chiedo una preghiera speciale per la mia classe: questo è il momento centrale del nostro discernimento conclusivo in vista dell’ordinazione diaconale e presbiterale!
Anche io vi assicuro la mia vicinanza e la mia preghiera per le vostre richieste a Gesù.
Un abbraccio fraterno, Marco


Lettere dal Seminario - "Camminando Insieme" n°123 - FEBBRAIO 2019

Da Francesco:
Amici carissimi,
vi scrivo avendo ormai finito la sessione d’esami: è durata meno di tre settimane, ma gli esami erano così tanti (ben sei!), che mi è sembrata eterna… Ed ora eccoci già pronti a cominciare le lezioni del secondo semestre!
Oggi vorrei raccontarvi di un cammino molto bello che stiamo vivendo a Cassina de’ Pecchi: il gruppo PreadoPlus. Per capire di cosa si tratta, dovete anzitutto sapere che negli ultimi anni la pastorale vocazionale della diocesi si è decentrata: fino all’anno scorso esistevano dei per-
corsi proposti dal Seminario per le fasce dei preadolescenti e degli adolescenti, ora invece l’idea è che siano i deca-nati a proporre cammini di discernimento vocazionale, per dare la possibilità a molti ragazzi di entrare in profondità nel proprio percorso di fede e, pian piano, intuire il disegno di Dio sulla loro vita.
Quest’anno è partito un centro vocazionale proprio a Cassina: ci siamo io, don Fabio e suor Alessandra di Cassina, Simone e Eder (seminaristi di Pioltello), Lorenzo, Giovanni e Altin (seminaristi di Carugate), e alcuni educatori. In-somma, una bella squadra: storie e personalità molto diverse, ma tutti contenti e desiderosi di parlare di Gesù a questi ragazzi!
Ma vorrei un po’ raccontarvi come funzionano gli incontri! Anzitutto i ragazzi sono circa settanta, tra maschi e femmine delle medie del Decanato, ai quali il gruppo è stato personalmente proposto dai rispettivi don in base al bel cammino che stanno già vivendo (dunque non è stato pubblicizzato genericamente a tutti!). Non a caso si chiama PreadoPlus: è “qualcosa di più” rispetto al normale gruppo Preado, proprio per coloro che possono e desiderano compiere qualche passo oltre, in profondità!
Ci troviamo una volta al mese nell’oratorio di Cassina, alle 18, e incominciamo con qualche gioco di “attivazione” per rompere il ghiaccio, anche se, a dire il vero, dopo questi primi tre incontri il ghiaccio è ormai bello sciolto, e il gruppo carico e molto unito! Poi ci troviamo nella cappellina dell’oratorio, dove raccontiamo ai ragazzi ogni volta un pezzo della storia di San Paolo, e introduciamo un brano di vangelo: da una parte Paolo, dall’altra il vangelo, ci conducono al tema dell’incontro (la vocazione, l’importanza di avere una guida, i viaggi, le incomprensioni…).
Successivamente ci dividiamo in gruppi, e analizziamo il brano di vangelo, cercando di capire insieme cosa dice (personaggi, tempo, luogo, fatti…) e il suo senso per la vita dei ragazzi. Infine, l’ascolto si fa dialogo con Gesù, e ciascuno può scrivere una preghiera a partire dal vangelo.
Dopodiché è il momento della cena e del giocone, che sono un’occasione grande per i ragazzi per creare legami di amicizia profondi, anche con chi non è della loro stessa parrocchia!
Ma forse il momento più bello è quello che segue: a ciascuno di noi seminaristi è affidato fin dal primo incontro un gruppetto di una decina di ragazzi e ragazze, con ciascuno dei quali facciamo un breve “colloquio” (un primo assaggio di direzione spirituale) per individuare un impegno per il mese successivo, così che il Vangelo diventi vita vissuta! Questo perché, a dare un impegno uguale per tutti, si rischia che per qualcuno sia banale, e dunque inutile, e per qualcun altro irraggiungibile, e dunque altrettanto inutile! Invece, il cammino di ciascuno deve seguire un proprio ritmo e una propria andatura.
L’incontro si conclude infine con un breve momento di adorazione eucaristica animata, in cui portiamo a Gesù la gioia, le intuizioni, le preghiere, gli incontri vissuti in queste ore insieme!
Come potete intendere, si tratta davvero di una bellissima occasione e di un percorso importante per questi ragazzi, e lo si vede dall’entusiasmo con cui vivono ogni parte della proposta: l’ascolto, la condivisione, la preghiera, la fraternità, il gioco…
Con il desiderio e la speranza che in tutta la Diocesi, come del resto sta già succedendo, si moltiplichino questi centri vocazionali, vi saluto! Continuiamo a custodirci reciprocamente nella preghiera, anzi… Vi affido anche tutti questi ragazzi e il cammino di cui vi ho parlato!
Un abbraccio e a presto, Francesco

Da Marco:
Cari cusaghesi,
eccomi a scrivervi dopo il tempo natalizio, anzi in realtà un po’ oltre… ebbene sì, vi chiedo scusa se il mese scorso non sono riuscito a mandarvi mie notizie, ma sono stato – per così dire – risucchiato dagli studi: rientrati dalle vacanze natalizie, infatti, per noi seminaristi è subito iniziato il tempo degli esami. Mi sono così messo d’impegno per affrontare le sei materie di studio dei mesi precedenti:
sacramento dell’ordine: la storia, il rito, il significato più profondo del sacramento che ci prepariamo a ricevere;
teologia delle religioni: un approfondimento sulle religioni più importanti del mondo, nello specifico ebraismo, islam, induismo e buddhismo;
teologia spirituale: il significato di spiritualità e le principali correnti spirituali alla luce del Concilio Vaticano II;
 ecclesiologia: un ampio “discorso” sulla Chiesa – come è nata, la forma che ha assunto, le componenti principali del popolo di Dio (presbiteri, laici, consacrati) – e su Maria, che è figura della Chiesa;
antropologia teologica: l’uomo in relazione a Dio, in particolare la predestinazione di ogni uomo ad essere figlio di Dio nel Figlio Gesù per mezzo dello Spirito… in parole più semplici: Dio ci ha creati perché entrassimo in relazione con Lui e l’unica Sua volontà è quella che diventiamo suoi figli, in Gesù e seguendo il suo esempio, e che quindi costruiamo una reale fraternità tra noi;
esegesi: un’analisi approfondita di alcuni passi delle lettere di san Paolo, in particolare 1 Tessalonicesi , Galati e Filippesi.

Tante cose, tra cui alcune mi hanno preso di più e altre di meno, ma per cui sicuramente – insieme alla fatica – c’è stato grande impegno da parte mia e da parte dei miei compagni.
Ora per noi di quinta teologia si apre un tempo delicato e importante: quello dei colloqui conclusivi di discernimento con gli educatori che seguono il nostro cammino, in particolare con il padre spirituale e il rettore: si tratta di fare sintesi del cammino percorso sino a qui e arrivare a una decisione, da parte mia – verso un sì definitivo – e da parte degli educatori – i quali valuteranno se i tempi sono maturi o se invece è necessario riservare ancora un po’ di tempo per la mia forma-zione.
E nel contempo proseguono gli impegni della quotidianità: le lezioni, i servizi in comunità, la stesura della tesi, gli impegni pastorali a Carate Brianza, realtà in cui mi trovo bene e in cui sto cercando di creare e approfondire le relazioni con i ragazzi, i giovani, gli educatori, le famiglie e gli adulti che incontro.
Ora vi saluto, sperando che anche voi e le vostre famiglie stiate bene e domandandovi un supplemento di vicinanza con la preghiera, in questi mesi a venire, per il tempo del discernimento: per noi seminaristi e – soprattutto nella festa di san Giovanni Bosco, maestro nel campo dell’educazione – per i nostri educatori, che portano avanti un compito sicuramente non facile.
Vi sono vicino anche io e, in attesa di rivederci, vi ricordo sempre con tanto affetto e con tanta stima!
Marco


Lettere dal Seminario - "Camminando Insieme" n°120 - DICEMBRE 2018

Da Marco:
Cari cusaghesi,
 
anche quest’anno siamo entrati in questo tempo di grazia che è il tempo di Avvento, sei settimane che ci danno modo di prepararci alla celebrazione del Natale nella nostra comunità cristiana e che, ricordandoci che il Signore Gesù tornerà nella storia, ci invitano a tenere desta l’attenzione e rimanere vigilanti nel vivere con Lui e a servizio dei nostri fratelli e delle nostre sorelle.
 
Qui in Seminario, al quadriennio, l’ingresso in Avvento è sempre preceduto da una settimana importante per tutta la comunità: la settimana eucaristica. Da lunedì 12 a venerdì 16 abbiamo avuto la possibilità di tempi serali prolungati in cui sostare in adorazione, davanti a Gesù presente in un piccolo e povero pezzetto di pane: ecco il modo che ha “inventato” per rimanere sempre con noi!
 
È bello sapere che anche voi, in parrocchia, pochi o tanti non importa, ogni giovedì sostate in preghiera davanti a Lui e pregate anche per noi che ci stiamo preparando a servirLo in un modo del tutto speciale. In questo modo la nostra preghiera è sempre reciproca!
 
Purtroppo, da parte mia, mi sono preso una bella influenza e quella settimana l’ho passata per la maggior parte del tempo in camera: un modo diverso di partecipare alla vita di comunità e alle iniziative proposte, che mi ha anche fatto riflettere sulla necessità di imparare a saper accettare e vivere bene quei tempi che non sono i miei, che non ho scelto io. D’altra parte sono stati anche giorni in cui ho molto apprezzato la presenza dei miei compagni che passavano anche solo per un saluto: questo mi ha fatto pensare al valore che una semplice visita, un saluto, una telefonata, acquista per chi è a casa da solo, anziano o malato.
 
Questo tempo, per il resto, prosegue nell’ordinarietà delle lezioni e della vita comunitaria. Insieme alle occupazioni di tutti i giorni, sto dedicando parecchio tempo alla preparazione della tesi, un approfondimento che andrà a concludere il percorso di studi di questi cinque anni. Il tema che ho scelto riguarda il capitolo ottavo di Amoris Laetitia, l’esortazione apostolica che papa Francesco ha scritto e pubblicato nel marzo del 2016, dopo il Sinodo sulla famiglia. Il capitolo ottavo prende in considerazione le situazioni di difficoltà e di fragilità che caratterizzano tanti matrimoni cristiani e quelle unioni, come le convivenze o i matrimoni civili, che non rappresentano in pienezza l’ideale cristiano e che riguardano tante coppie a noi vicine.
 
Nel concludere questa lettera, colgo l’occasione per rivolgere a ciascuno di voi e a tutti i vostri cari una buona prosecuzione di questo tempo di avvento e un buon Natale, nella certezza che Dio non si stanca di farsi vicino e di visitarci. Tanti auguri!
 
In attesa di rivederci e di salutarci di persona, vi ricordo e vi abbraccio!
 
Marco


Lettere dal Seminario - "Camminando Insieme" n°119 - NOVEMBRE 2018

Da Francesco:
Carissimi amici,
le settimane stanno volando sempre più velocemente in Seminario, tra alcuni momenti straordinari (in particolare la missione vocazionale a Cinisello Balsamo e i giorni a Roma per la canonizzazione di Paolo VI) e molti altri più ordinari (la vita di comunità, gli incarichi, l’impegno pastorale a Cassina de’ Pecchi…). Sempre più, mi sento davvero a casa anche qui al Quadriennio, in questa comunità in gran parte nuova, con nuovi orari e nuovi impegni e, in parte, un nuovo stile.
In questi giorni, io e un mio compagno di V teologia stiamo preparando un incontro vocazionale per i giovani del decanato di Cernusco sul Naviglio (di cui fanno parte Pioltello, dove va lui nel weekend, e Cassina de’ Pecchi). Vorrei condividere con voi le due provocazioni da cui siamo partiti nel pensare l’incontro. Al di là del nostro incontro, credo che queste parole possano e debbano toccare profondamente ogni comunità e ciascun cristiano: anzitutto i giovani, certo, ma anche tutti gli adulti che, come padri e madri, o nonni, o fratelli e sorelle maggiori, sono chiamati, in quanto comunità cristiana, ad accompagnare i giovani nel loro cammino umano e di fede.
La prima provocazione è la Lettera dei Padri Sinodali ai giovani, a conclusione del Sinodo:

A voi, giovani del mondo, ci rivolgiamo noi padri sinodali, con una parola di speranza, di fiducia, di consolazione. In questi giorni ci siamo riuniti per ascoltare la voce di Gesù, «il
Cristo eternamente giovane», e riconoscere in Lui le vostre molte voci, le vostre grida di esultanza, i lamenti, i silenzi.
Sappiamo delle vostre ricerche interiori, delle gioie e delle speranze, dei dolori e delle angosce che costituiscono la vostra inquietudine. Desideriamo che adesso ascoltiate una parola da noi: vogliamo essere collaboratori della vostra gioia affinché le vostre attese si trasformino in ideali. Siamo certi che sarete pronti a impegnarvi con la vostra voglia di vivere, perché i vostri sogni prendano corpo nella vostra esistenza e nella storia umana.
Le nostre debolezze non vi scoraggino, le fragilità e i peccati non siano ostacolo alla vostra fiducia. La Chiesa vi è madre, non vi abbandona, è pronta ad accompagnarvi su strade nuove, sui sentieri di altura ove il vento dello Spirito soffia più forte, spazzando via le nebbie dell’indifferenza, della superficialità, dello scoraggiamento.
Quando il mondo, che Dio ha tanto amato da donargli il suo Figlio Gesù, è ripiegato sulle cose, sul successo immediato, sul pia-cere e schiaccia i più deboli, voi aiutatelo a rialzarsi e a rivolgere lo sguardo verso l’amore, la bellezza, la verità, la giustizia.
Per un mese abbiamo camminato insieme con alcuni di voi e molti altri legati a noi con la preghiera e l’affetto. Desideriamo continuare ora il cammino in ogni parte della terra ove il Signore Gesù ci invia come discepoli missionari.
La Chiesa e il mondo hanno urgente bisogno del vostro entusiasmo. Fatevi compagni di strada dei più fragili, dei poveri, dei feriti dalla vita.
Siete il presente, siate il futuro più luminoso.
La seconda provocazione viene da un’intervista rilasciata dal nostro arcivescovo Mario Delpini, sempre nel contesto del Sinodo. La giornalista ha chiesto a mons. Delpini: Dialogando con tanti giovani di diverse regioni del mondo e padri sinodali Suoi colleghi, anch’essi provenienti dai quattro angoli della terra, nota delle peculiarità specifiche dei nostri giovani ambrosiani?

Così ha risposto l’arcivescovo:
Non c’era bisogno di venire al Sinodo per apprezzare i giovani ambrosiani, perché effettivamente io, per quelli che ho incontrato, posso dire soltanto di avere ammirato molte cose. Ecco, forse una caratteristica che i giovani ambrosiani possono imparare dai giovani di altre parti del mondo è la fierezza missionaria, direi, cioè quell’idea che i giovani sono gli apostoli dei giovani. Da noi i giovani sono bravi, in certe comunità sono anche presenze piuttosto numerose e piuttosto intraprendenti, però quello che io noto, e che vorrei raccomandare come un limite da superare ai giovani ambrosiani, è questo ardore missionario che i giovani di altri Paesi vivono e praticano, talvolta anche con un sacrificio, con il rischio della vita e anche con la fatica di dedicarsi a questo. Però, ecco, lo praticano con convinzione, mentre da noi mi pare che i giovani sono bravi, sono tanti, sono intelligenti, sono convinti, ma forse un po’ timidi nel proporre la loro fede, nel condividere la loro appartenenza alla Chiesa come ciò che merita di essere allargato, di essere attrattivo per gli altri giovani. Questa gioia di partecipare, questa convinzione, questa capacità di dedicare tempo alle nostre comunità o ai movimenti di cui fanno parte, è un dato da riconoscere. Forse quello che si può imparare dal Si-nodo è questa capacità di condivisione e di irradiazione.

Sono parole toccanti e provocanti, e sarebbe importante che nessuno di noi rimanesse indifferente: se appartieni alla Chiesa, non puoi dire che questo non ti riguarda, non ti tocca, o non è affar tuo!
Nell’attesa di vederci, vi saluto e abbraccio ciascuno di voi.
A presto, Francesco

Da Marco:
Cari cusaghesi,
è già passato un mese dall’ultima volta che vi ho scritto. Tante sono le esperienze che si sono succedute in questo tempo, tante le occasioni di Grazia!
In particolare con voi vorrei condividerne due: le giornate di Missione Vocazionale a Cinisello Balsamo, tra venerdì 5 e martedì 9 ottobre; il pellegrinaggio a Roma tra venerdì 12 e lunedì 15 ottobre, in occasione della canonizzazione di Paolo VI e di altre sei figure che ci possono essere di esempio nella vocazione a cui tutti siamo chiamati, la chiamata alla santità!
La Missione Vocazionale – che quest’anno ho vissuto per la terza volta – è sempre un’esperienza bella, che anzitutto ci dà l’opportunità di conoscere alcune realtà parrocchiali e decanali nella loro vita ordinaria. Con altri sette seminaristi, mi sono ritrovato nella parrocchia di Sant’Eusebio, a nord di Cinisello, una realtà sicuramente problematica, a partire dalla questione della droga e dello spaccio, ma in cui la comunità cristiana è molto vivace: la vita condivisa in quei giorni ci ha fatto veramente sentire accolti, desiderati e voluti bene… insomma, a casa! In primis grazie alla presenza di don Luciano e suor Cristina, che si danno tanto da fare e che hanno curato anche la preparazione delle giornate che abbiamo vissuto: presenza con i ragazzi e con la gente, incontri nelle scuole del circondario, visita ad alcuni ammalati nelle loro case, animazione delle messe festive e tanto altro. Poi le famiglie che ci hanno accolto, sempre molto disponibili e interessate a conoscere chi siamo, da dove veniamo, il perché di una scelta così.
Ma non siamo andati a portare noi stessi. Il tentativo è stato quello di portare Gesù, e questo partendo da una domanda volutamente un po’ provocante, almeno per chi si è dimostrato disposto all’ascolto: “Per chi vivi?”. E questa domanda la rilancio anche a ciascuno di voi, anche in forme diverse: “Per chi facciamo tutto ciò che ogni giorno ci viene richiesto? Per chi lavoriamo, per chi studiamo? Per chi, o meglio, in chi riponiamo tutta la nostra fiducia e la nostra speranza?”. Penso che ogni tanto ci faccia bene tornarci e fermarci un momento su di esse.

E allora mi piace rilanciarvi anche una risposta, le parole di Giovanni Paolo II nella veglia di Tor Vergata durante la GMG dell’anno 2000: “In realtà, è Gesù che cercate quando sognate la felicità; è Lui che vi aspetta quando niente vi soddisfa di quello che trovate; è Lui la bellezza che tanto vi attrae; è Lui che vi provoca con quella sete di radicalità che non vi permette di adattarvi al compro-messo; è Lui che vi spinge a deporre le maschere che rendono falsa la vita; è Lui che vi legge nel cuore le decisioni più vere che altri vorrebbero soffocare. È Gesù che suscita in voi il desiderio di fare della vostra vita qualcosa di grande, la volontà di seguire un ideale, il rifiuto di lasciarvi inghiottire dalla mediocrità, il coraggio di impegnarvi con umiltà e perseveranza per migliorare voi stessi e la società, rendendola più umana e fraterna”.

Sempre il mese scorso siamo come Seminario stati in pellegrinaggio a Roma, per partecipare alla canonizzazione di Paolo VI, che è stato arcivescovo anche della nostra diocesi di Milano. Di questi giorni mi tengo stretto il momento di incontro con papa Francesco, che ci ha ricevuti in udienza privata il sabato mattino, insieme a tutti i seminaristi della Lombardia. Oltre a dedicarci una bella fetta del suo tempo (due ore per rispondere alle nostre domande!), ha desiderato anche stringere la mano a ciascuno di noi personalmente, e pensate che eravamo più di 500 persone!
Spero che anche voi e le vostre famiglie stiate bene. Continuiamo a camminare dietro a Gesù, nella Chiesa, e a pregare gli uni per gli altri.
Un abbraccio di cuore! Marco

Lettere dal Seminario - "Camminando Insieme" n°116 - OTTOBRE 2018

Da Francesco:

Carissimi amici,
all’inizio di questo nuovo anno torno a scrivervi, mentre nella mia mente e nel mio cuore si affollano moltissimi ricordi, di cui non posso che essere grato: la lunga estate trascorsa con gli oratori di Solaro e Brollo (tra l’oratorio estivo, i campeggi al Tonale, la vacanza in Calabria e il Cammino di Santiago), l’Ammissione in Duomo, la vestizione in parrocchia, e soprattutto l’affetto che mi avete dimostrato e che – lo sento – continua ad  accompagnarmi.
In queste prime settimane al Quadriennio, pian piano io e i miei compagni stiamo entrando in questa vita un po’ diversa, nei nuovi orari, nelle nuove proposte, nei nuovi impegni… E nelle nuove parrocchie a cui siamo stati mandati!
Come forse già sapete, quest’anno io andrò nei weekend a Cassina de’ Pecchi, nella comunità pastorale Maria Madre della Chiesa. A dire il vero, non avevo assolutamente idea di dove fosse Cassina, fino a che il rettore don Michele non mi ha annunciato che sarebbe stata la mia destinazione pastorale: sostanzialmente, è esattamente dalla parte opposta di Milano, rispetto a Cusago.
Qui trascorrerò i sabati e le domeniche dell’anno (non solo le domeniche pomeriggio, come era, invece, al Biennio), e la prossima estate, con la Città Dei Ragazzi (così chiamano l’Oratorio Estivo!) e i campeggi (campeggi nel vero senso della parola: con le tende!).
Ad accogliermi, in queste prime settimane, sono stati anzitutto i sacerdoti della comunità: il parroco don Massimo (già parroco del seminarista Marco, a Besana Brianza!), il coadiutore don Fabio, e i due vicari don Silvio (che quest’anno ha festeggiato i suoi 50 anni di ordinazione) e don Bangaly. Peraltro, è stata una bellissima sorpresa ritrovare don Fabio, che avevo conosciuto quando io ero adolescente, e lui era semplicemente il seminarista Fabio, al corso per animatori di Capizzone. Non solo: cinque anni fa, quando ero andato per la prima volta in Seminario per il mio primo colloquio con il rettore, non trovavo l’ufficio e, per puro caso, mi ero imbattuto proprio in lui, che mi aveva indicato la strada. Insomma, il Signore ha saputo come farmi sentire subito “a casa” a Cassina.
E poi è stata la comunità stessa ad accogliermi come una grande famiglia: ho conosciuto tanti gruppi e tante persone, dai catechisti, al Consiglio Pastorale, agli adolescenti, ai giovani, agli scout, alle molte associazioni, al coro… E poi volti, storie, che ho iniziato a conoscere e con cui camminerò in questo tempo.
Raccontando la mia storia vocazionale alla comunità di Cassina, ho sempre sottolineato come per me sia stato centrale non un qualche incontro particolarmente segnante dopo il quale mi sono deciso ad entrare in Seminario. Certo ci sono stati anche momenti forti, ma ciò che è stato più importante per me è stato il sentirmi sempre, fin da piccolo, voluto bene, come in una famiglia, dalla Chiesa, cioè da voi, dalla nostra comunità di Cusago! È stato questo a far nascere e maturare in me l’intuizione che il mio modo di amare e servire la Chiesa e il mondo potesse essere quello del prete! E sono convinto che non ci siano altre strade per far fiorire ogni tipo di vocazione: condividere, servire insieme, lavorare insieme, pregare molto, e insieme.
All’inizio di quest’anno, questo è il mio augurio: che la nostra comunità sia sempre famiglia per tutti, come lo è stata per me, così che ogni ragazzo e ogni ragazza impari a servire con gioia, sulla strada di Gesù.
Un abbraccio, e a presto! Francesco

Da Marco:

Cari cusaghesi,
è proprio tanto che non scrivo!
L’estate è stata un tempo molto bello e pieno di attività (oltre che di un po’ di riposo!). L’ho trascorsa, come diversi di voi ben sanno, nella Comunità Pastorale di casa, a Besana Brianza, ed è stato bello poter vivere tante esperienze rivedendo volti lasciati qualche anno fa, ritrovare qualcuno un po’ più cresciuto e conoscere bambini, ragazzi, adulti e famiglie delle varie frazioni che ancora non conoscevo.
Mi sono sentito accolto, accompagnato e voluto bene: per questo ringrazio il Signore e tutte le persone incontrate, a partire dalla mia famiglia!
L’8 settembre con qualcuno di voi ci si è visti in Duomo o appena fuori, in occasione dell’ammissione di Francesco tra i Candidati agli ordini sacri e della sua vestizione, segno esteriore di questo passo importante per il suo cammino e, certamente, per il cammino della vostra comunità parrocchiale che lo accompagna: è un altro dono per cui essere pieni di gioia e per cui ringraziare.
Ed ora ci troviamo insieme nella Comunità del Quadriennio!
Rientrati in Seminario, la vita è ripartita iniziando – insieme alla mia classe – un anno particolare: la quinta teologia, l’anno del discernimento, l’anno in cui fare sintesi del cammino svolto e arrivare a una decisione, mia personale e degli educatori che mi guidano e accompagnano.
Oltre a questo, è ripreso lo studio e iniziato il lavoro sulla tesi, ci sono stati affidati gli incarichi di comunità (quest’anno farò il barista e il postino!) e per me inizia anche una nuova esperienza di pastorale: sono stato destinato nella Comunità Pastorale “Spirito San-to” di Carate Brianza, quindi il sabato e la domenica sarò lì.
Per ora è tutto. Sperando di vedervi (o almeno sentirvi) presto e assicurando a ciascuno la mia preghiera per le vostre intenzioni, vi saluto! Marco

Lettere dal Seminario - "Camminando Insieme" n°108 - GIUGNO 2018

Da Francesco:

Carissimi amici,
vi scrivo a una settimana dall’inizio della sessione d’esami estiva: mi attendono ben sei esami, nel giro di meno di tre settimane. Sacra Scrittura, ecclesiologia, soteriologia, sociologia, storia e metafisica: cose belle e interessanti, anche se studiarle tutte insieme in poco tempo non è una prospettiva del tutto allettante!
Piuttosto, in questa lettera desidero darvi una bella notizia! Vi avevo raccontato come quest’anno sarebbe stato un anno intenso di discernimento, in vista dell’eventuale ammissione agli Ordini Sacri. Ebbene, eccomi oggi ufficialmente tra gli “ammittendi al Diaconato e al Presbiterato” (così recita la formula giusta). Ma insomma, di cosa si tratta? Si tratta di un primo reciproco “sì” tra me (e i miei 18 compagni) e la Chiesa, insomma una tappa importante nel cammino di discernimento, che continuerà nella comunità del Quadriennio Teologico. Il rito dell’ammissione, poi, è comunemente noto come “vestizione”, perché da quel momento mi sarà chiesto di vestirmi “da prete”. Un segno forse piccolo, ma importante, specialmente in un tempo come il nostro: servirà a ricordare anzitutto a me stesso il cammino che sto seguendo, la scelta che sto compiendo e dunque la testimonianza a cui sono chiamato; e poi sarà segno per coloro che incontrerò, testimonianza di una vita che si sta decidendo per Cristo e per la Chiesa.
Per vivere insieme questo momento, così importante per il mio cammino, invito ciascuno di voi alla celebra-zione del solenne pontificale per la Natività della Beata Vergine Maria (il Rito dell’Ammissione avrà luogo proprio nel corso del pontificale) l’8 settembre prossimo alle 9.30, in Duomo.
Quest’estate, invece, per me sarà la prima in cui non vivrò l’oratorio estivo tra voi, a Cusago. Sarò invece a Solaro, la parrocchia in cui ho svolto il servizio pastorale in questi due anni: tra oratorio estivo, campeggi in montagna, Calabria con gli adolescenti e cammino di Santiago con i giovani, si prospetta un’estate (come al solito) bella e intensissima: restiamo uniti nella preghiera!
In attesa di vederci (spero presto, ma se non altro certamente l’8 settembre!) vi mando un grande abbraccio, pieno di riconoscenza e di affetto.
A presto, Francesco
Lettere dal Seminario - "Camminando Insieme" n°106 - MAGGIO 2018

Da Marco:

Cari cusaghesi,
il tempo corre veloce e siamo ormai già al termine dell’anno seminaristico: finisce il tempo delle lezioni e si avvicina quello degli esami, termina per me l’esperienza della pastorale ospedaliera e il pensiero va già all’oratorio estivo, che quest’anno vivrò nel mio oratorio di casa.
Ricordo allora che, due puntate addietro, avevo lasciato in sospeso alcuni pensieri sul servizio che mi è stato richiesto quest’anno in ospedale. Concludevo infatti la mia “lettera” con queste parole di Xavier Thévenot, prete e insegnante salesiano, morto dopo una lunga malattia all’età di 65 anni.
Dietro e dentro a ogni uomo, anche a colui che ha perso la salute psichica o fisica, vi è sempre un essere umano che desidera amore e rispetto. E questo chiede ai nostri occhi e ai nostri cuori di vincere la tentazione di giudicare, di dare sentenze, di definire, di parlare al posto di altri, per assumere uno sguardo capace di misericordia e di longanimità, di pietà e di fede. […] Di fronte a chi è nell’impotenza, il gesto comunicativo e vitale è quello di farsi vicini alla sua impotenza con la propria vulnerabilità. Di divenire capaci di ascolto e di presenza.
(Tratto da: Xavier Thévenot, HA SENSO LA SOFFERENZA? pp. 20-21)
La pastorale ospedaliera, che mi ha preso il tempo del sabato e della domenica, è stata un’esperienza molto bella e significativa, sotto tanti punti di vista.
È stata un’esperienza di incontro: attraversando i reparti di cardiochirurgia e di oncologia ho potuto avvicinare e lasciarmi tocca-re da tante persone, di età diverse, di varie estrazioni sociali, di religioni e credenze differenti.
È stata un’esperienza di gratuità: avvicinando le situazioni di dolore e sofferenza, non sempre (o forse meglio dire quasi mai) c’erano da parte mia soluzioni, risposte o parole adeguate: di fronte al dolore e alla morte tutti gli schemi cadono; il tentativo allora è stato quello di avvicinarmi per come sono, cercando di scorgere il volto di Gesù nell’altro che mi era dato di incontrare e di lasciare – spesso senza troppe parole – la sua presenza e la sua vicinanza.
È stata un’esperienza di eucaristia: mi sono emozionato nel portare Gesù a quelle persone che, con fede, chiedevano di voler santificare la domenica con la comunione e mi ha fatto riflettere sulla facilità e la superficialità con cui io tante volte mi accosto quotidianamente all’Eucaristia.
È stata sicuramente – riprendendo le parole di Thévenot – un’esperienza di ascolto e di presenza: mi ha aiutato a entrare in certe situazioni, a rivalutare tante cose che vivo, a riflettere sulla sofferenza, sulla morte e sulla promessa di vita eterna, sperimentando anche il mio limite nel saper comunicare che il Signore, anche quando non lo sentiamo, è comunque e sempre vicino all’uomo e alla donna che soffre, e soffre anche Lui insieme a loro.
Un’esperienza forte, dunque!
Al termine di un anno dedicato esclusivamente a questo tipo di incontri, inizio ad avvertire un po’ di stanchezza e la mancanza di relazioni più durature, come avviene ad esempio nella pastorale di oratorio.
Chiedo, però, al Signore che questa esperienza porti frutto e che rimanga in me il desiderio di un’attenzione particolare per chi soffre e per chi è solo, anche e soprattutto all’interno di una pastorale “ordinaria” che a volte diventa troppo frenetica e che, in-seguendo tante cose, rischia di perdere una sensibilità di questo tipo.
Tante altre cose potrei continuare a scrivere, come l’importanza di aver condiviso questi mesi in ospedale con due miei compagni, Lorenzo e Fabio, e di aver vissuto con i quattro cappellani dell’Ospedale Niguarda, ma non vorrei annoiarvi troppo. Magari un giorno, con qualcuno di voi, ci sarà l’occasione di condividere un po’ di più di persona.
Nel frattempo, vi chiedo di pregare per me, per i miei compagni e in modo particolare per i 23 diaconi che il prossimo 9 giugno saranno ordinati preti. Anche io vi assicuro il ricordo vivo e costante nella mia povera preghiera al Signore Gesù.
Un abbraccio e… in alto i cuori!  Marco
Lettere dal Seminario - "Camminando Insieme" n°105 - APRILE 2018

Da Francesco:
Cari amici,
vi scrivo mentre sono a Cusago per le vacanze di Pasqua, e vi ringrazio per l’accoglienza, i sorrisi, gli abbracci, le parole che mi riservate ogni volta che torno a casa: mai mi fate sentire orfano di una comunità: anche quando non ci vediamo per molto tempo, capisco che rimaniamo uniti nel ricordo e nella preghiera reciproca.
Certo, però, sarebbe bello anche che ci vedessimo qualche volta di più! Per questo, oggi vi scrivo per rivolgervi un invito a cui tengo molto, del quale ho già parlato ad alcuni di voi. L’invito è per martedì 1° maggio: come ogni anno, si terrà la consueta e attesissima festa del Seminario, alla quale noi seminaristi invitiamo amici, parenti, e soprattutto ragazzi e adulti delle nostre comunità di origine e di servizio pastorale. La giornata sarà all’insegna della musica, dello sport e della preghiera: tre ingredienti sempre presenti nello stare insieme dei nostri oratori e delle nostre parrocchie!
La festa si aprirà alle ore 11 con la Messa nella basilica del Seminario, presieduta dal nostro arcivescovo Mario. Ci sarà poi la possibilità di mangiare insieme grazie agli stand gastronomici allestiti da alcuni gruppi oratoriani e di impegno socio-civile: salamelle, risotto, piadine, pizza… Ce ne sarà per tutti i gusti!
Riempite le pance, gli amanti dello sport potranno fare il tifo alla quinta edizione del Torneo di Calcio a V, dove diverse squadre degli oratori (e non solo) si sfideranno sui campi del Seminario. Nel frattempo, si esibiranno alcuni gruppi musicali emergenti nella settima rassegna “AlwaysWRock”.
Alle 18.30, di nuovo in basilica, vivremo insieme un momento di preghiera vocazionale – sempre intenso ed emozionante – con l’arcivescovo. Al termine, saranno premiati la squadra e il gruppo vincitori del torneo di calcio e del contest musicale.
Dalle 19.30 ci sarà di nuovo la possibilità di mangiare presso gli stand gastronomici e poi, fino a notte fonda, la grande serata musicale organizzata dai diaconi Candidati 2018 per i gruppi giovanili.
Per tutta la giornata, inoltre, i portici ospiteranno tantissimi allestimenti di hobbisti e associazioni di volontariato, e sarà possibile visitare la splendida struttura del Seminario.
Insomma, la giornata sarà intensissima ed è sempre una grande occasione per stare insieme in gioia e fraternità. Oltretutto credo sia bello ricordare che il Seminario è casa non solo per noi seminaristi, ma anche per tutti gli abitanti della Diocesi, e in particolare per le comunità che ci hanno accompagnato e tuttora ci accompagnano nel nostro cammino di sequela accanto a Gesù. In questo caso, vale proprio il detto “mi casa es tu casa”: casa mia è anche casa tua, non puoi mancare!
Ma aspettate… mentre vi scrivevo queste righe, mi è arrivata una notifica: è la FOM (Fondazione Oratori Milanesi), che ha pubblicato il logo e il tema dell’Oratorio Estivo 2018: All’Opera – secondo il suo disegno. Lo scorso anno, DettoFatto ci ha guidati a scoprire e ad amare il mondo che Dio ci ha donato come luogo stupendo in cui vivere la nostra esistenza. Quest’estate impareremo che Dio non si è limitato a donarci il mondo: ce lo ha affidato perché lo coltivassimo e lo custodissimo con cura e gratitudine. Partendo dal suo dono, ciascuno di noi è chiamato a mettersi all’opera!
Quest’anno, probabilmente, per la prima volta, non vivrò insieme con voi le settimane dell’oratorio estivo. Ma fin d’ora possiamo impegnarci a preparare questo momento: anzitutto pregando per i ragazzi che parteciperanno e per gli animatori che li guideranno, e poi scambiandoci idee, suggerimenti, intuizioni, e partecipando agli incontri che la Diocesi proporrà: è sempre bello rendersi conto che la Chiesa di Gesù è molto più grande delle quattro mura della propria parrocchia. E allora… all’opera!
Vi aspetto tutti quanti in Seminario il 1° maggio: non mancate, ciao!
Un grande abbraccio, Francesco

Da Marco:
Cari cusaghesi,
vi scrivo in questo tempo pasquale che prolunga la gioia per l’Evento che fonda la nostra fede, l’Evento che fonda la nostra amicizia, l’Evento per cui ci siamo conosciuti e che sostiene il nostro ricordo e la nostra vicinanza, anche se fisicamente ci si vede poco: la Pasqua del Signore Gesù.
Pasqua, che significa: passione, morte e resurrezione.
Mi colpisce spesso ultimamente come la resurrezione non annulli la sofferenza e il dolore. Rimango sorpreso da come i Vangeli sottolineino che è il Crocifisso che appare a Maria di Magdala, agli apostoli, a Tommaso. È sorprendente l’annuncio dell’angelo che dice alle donne:

«Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso.
È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l'avevano deposto.
Ora andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro che egli vi precede in Galilea.
Là lo vedrete, come vi ha detto».
 Mc 16, 6-7
Cristo Signore è risorto! Rendiamo grazie a Dio!
Ecco l’annuncio che abbiamo sentito e pronunciato la notte di Pasqua. È lo stesso annuncio che siamo invitati a fare nostro (“Non abbiate paura!”) e a portare a tutte le persone che incontriamo (“Ora andate, dite ai suoi discepoli…”) nelle diverse situazioni che stanno affrontando.
Ed è anche l’annuncio che, in questo breve scritto, vorrei anche io lasciare a voi: Gesù è risorto!
Gesù ha attraversato la sofferenza e il dolore, così come noi attraversiamo situazioni di sofferenza e di dolore. Anche Lui ha sentito la distanza dal Padre (“Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”), come noi spesso non sentiamo la sua presenza (“Perché mi sta succedendo così? Perché proprio a me che ho sempre cercato di fare del bene?”).
Però ci ha anche mostrato che è possibile scegliere di affidarsi a Dio, perché Dio è nostro Padre (“Padre, nelle tue mani affido il mio spirito”), e ce lo ha mostrato cosi come ce lo mostrano – se guardiamo attentamente attorno a noi – tante persone che ci sono vicine, in piccole o grandi scelte dettate dalla piena fiducia nell’amore di Dio e da nient’altro.
Per me, l’ospedale è stato occasione di tanti incontri di questo tipo: persone che si chiedono insistentemente il perché, persone rassegnate come i discepoli di Emmaus, persone arrabbiate come il ladrone sulla croce, ma anche persone piene di fiducia e che sono preparate a morire, perché vedono la morte come il “passaggio obbligato” per riabbracciare il Padre. Anche se la paura non scompare del tutto. Anche se il perché alla sofferenza e al dolore (soprattutto a quello innocente) non si trova.
Ma Gesù è risorto!
 …se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede.
1Cor 15, 14
 
Vi chiedo scusa se questa volta non vi ho parlato molto di me. Ma mi è sembrato più urgente soffermarmi su questo Evento e non trascurare questo annuncio: Cristo è risorto!
E allora vi auguro di cuore un BUON TEMPO PASQUALE! Marco
Lettere dal Seminario - "Camminando Insieme" n°101 - MARZO 2018

Da Marco:
Cari cusaghesi,
il tempo corre veloce e siamo già più che introdotti in questo tempo santo, la Quaresima, che la Chiesa ci propone per arrivare preparati a gustare la gioia della Pasqua annuale.
Spero stiate bene!
Per noi questo tempo è iniziato con un grande dono, la settimana degli Esercizi Spirituali: è un’occasione speciale che ci permette di stare ancora più a contatto con la Parola di Dio e con questa sola (infatti in questi giorni ci è richiesto il silenzio, tra noi e da tutti gli apparecchi elettronici!). Sono andati molto bene! Nella comunità del Quadriennio ce li ha predicati
mons. Giancarlo Bregantini, vescovo di Campobasso: una persona mite, di quella mitezza evangelica che lasciava trasparire quanto le parole del Vangelo che ci ha consegnato fossero veramente incarnate nella sua vita, senza rimanere solo “parole”. Le meditazioni hanno ripercorso i due libri di Samuele, sostando in particolare sulla figura di Davide, e mi hanno permesso di fare sintesi sul punto in cui mi trovo nel cammino, le motivazioni, i punti che hanno bisogno di lavoro, le relazioni… in altre parole: sul mio rapporto con Gesù.
Penso che gli Esercizi Spirituali, nelle varie forme in cui si possono vivere anche in Parrocchia, in Decanato, a livello diocesano, siano un momento a cui un cristiano, un discepolo di Cristo, non deve rinunciare, un regalo che deve desiderare e concedersi… proprio perché, diciamocelo, alla fine è davvero tanto quello che uno riceve da un’esperienza di questo tipo e non c’è paragone rispetto a tante altre cose, pur buone e belle, che potrebbe fare! Lui non aspetta altro, Lui ci aspetta sempre.
Oggi, in realtà, volevo raccontarvi qualcosa di più dell’esperienza di pastorale ospedaliera che sto vivendo in questi mesi al sabato e alla domenica, ma visto che mi sono dilungato un po’ sugli Esercizi Spirituali, ho deciso di lasciarvi solo “una chicca” (a mo’ di introduzione!) su ciò di cui vi racconterò nella prossima puntata. Sono le parole di Xavier Thévenot, un prete e insegnante salesiano, morto dopo una lunga malattia all’età di 65 anni. Le ho prese da un piccolo libretto (un centinaio di pagine!) in cui Xavier tratta di malattia e sofferenza, con la coscienza di essere lui stesso malato. È molto bello e l’ho sentito molto vero nell’accostarmi frequentemente a donne e uomini, più o meno gravemente, ammalati.
Dietro e dentro a ogni uomo, anche a colui che ha perso la salute psichica o fisica, vi è sempre un essere umano che desidera amore e rispetto. E questo chiede ai nostri occhi e ai nostri cuori di vincere la tentazione di giudicare, di dare sentenze, di definire, di parlare al posto di altri, per assumere uno sguardo capace di misericordia e di longanimità, di pietà e di fede. […] Di fronte a chi è nell’impotenza, il gesto comunicativo e vitale è quello di farsi vicini alla sua impotenza con la propria vulnerabilità. Di divenire capaci di ascolto e di presenza.
(Tratto da: Xavier Thévenot, HA SENSO LA SOFFERENZA? - pp. 20-21)
Questo è stato anche il mio ingresso in un’attività di pastorale “speciale” come è quella dell’ospedale, un ingresso che è stato da subito il tentativo di farmi capace di ascolto e di presenza. Anche se può sembrare “scontato”, vi assicuro che non lo è. Ma vi racconterò meglio la prossima volta.
Per ora colgo l’occasione per augurare a ciascuno di voi e alle vostre famiglia, un buon proseguimento della Quaresima e una buona Pasqua!
Assicurandovi la mia preghiera, unita a quella della Comunità del Seminario, vi saluto con affetto. Marco
Lettere dal Seminario - "Camminando Insieme" n°99 - FEBBRAIO 2018

Da Francesco:
Carissimi amici,
eccomi di nuovo a scrivervi, a farvi entrare, sebbene solo tramite la fessura forse troppo ristretta di questa breve lettera, nella mia vita in Seminario. Ci siamo visti nelle vacanze di Natale, appena un mese fa, ma in un mese tanta vita è passata nella mia e certamente anche nella vita di ciascuno di voi (scusate il gioco di parole).
In Seminario, il mese di gennaio vuole dire soprattutto una cosa: sessione di esami. E la fine della sessione di esami vuol dire qualcosa di ancora più importante: andare ancora più in profondità nel cammino di discernimento in vista di scelte importanti.
A dire il vero, però, in questa lettera non vorrei parlarvi tanto né dell’una né dell’altra cosa, quanto di un tempo molto bello che abbiamo vissuto la scorsa settimana, dunque proprio a ridosso della sessione appena terminata. Si tratta della cosiddetta settimana pastorale, ormai di tradizione pluridecennale qui al Biennio. Ed è una tradizione bella, significativa: alcuni giorni in cui confrontarsi specificamente sul tema della pastorale. E ciò avviene, e anche quest’anno è stato così, in quattro momenti: il lunedì la testimonianza di alcuni laici e preti della diocesi, il martedì una condivisione a gruppi sulla nostra piccola esperienza pastorale della domenica (per intenderci, quella che Massimo vive a Cusago ed io a Solaro), il mercoledì un incontro tra gli educatori del Seminario e i preti delle nostre parrocchie, e infine il giovedì un’uscita a gruppi per andare a conoscere alcune realtà di comunità pastorali (nel mio caso, quest’anno sono stato nella Comunità Pastorale Discepoli di Emmaus di Rozzano).
Non sto a farvi il resoconto di tutto ciò che abbiamo fatto, detto e ascoltato. Piuttosto, molto brevemente mi piacerebbe condividere con voi cosa mi rimane nel cuore, anche perché penso che siano cose importanti per chiunque desideri spendere il proprio tempo e le proprie forze nell’impegno per i fratelli nella Chiesa. Moltissime sono state le lezioni, ma ora che scrivo capisco che qui vale la pena dirne solo una, che le racchiude tutte.
È questa… tante cose possono venire meno in una comunità, tante iniziative, tanti programmi, tanti progetti… Una sola cosa però, nel momento in cui venisse a mancare, ucciderebbe certamente la comunità parrocchiale o oratoriana: la possibilità di creare spazi di amicizia e di familiarità. Oggi il mondo sa proporre benissimo – molto meglio di noi – lo sport, il divertimento, il mangiare insieme, persino cammini spirituali di tutto rispetto. Ma c’è una cosa che la parrocchia e l’oratorio hanno sempre fatto meglio di chiunque altro: essere «casa tra le case» (questa l’etimologia di «parrocchia»), ambiente domestico in cui vivere anzitutto come amici, prima che come catechisti o collaboratori o baristi o animatori o sacristi o coristi o parroci o coadiutori o… aggiungeteci voi i ruoli che preferite. La parrocchia è un luogo per stare insieme, prima che per fare qualcosa. E, certo, l’essere amici in una parrocchia è un essere amici che non rimane generico: diventa impegno, dibattito attorno alle domande di senso, soprattutto incontro con il Signore… Ma niente di tutto questo è possibile al di fuori di uno spazio di amicizia vera. Ce lo hanno testimoniato i preti e i laici che abbiamo incontrato, ma lo sa chiunque lo abbia vissuto e ancora desideri viverlo! Quasi mi commuovo ricordando quanto impor-tante è stato per me, negli anni dell’adolescenza, poter abitare l’oratorio come una casa, trascorrervi quasi ogni pomeriggio con gli altri ragazzi: abbiamo iniziato stando insieme, dicendo e facendo quello che fanno gli adolescenti, scherzando, anche facendo un po’ gli stupidi, chiacchierando in casa di Daniele, studiando insieme nell’ufficio di Ciro, giocando, guardando film, fantasticando, litigando… Da questa amicizia semplice è nato il nostro essere animatori, poi il nostro servire al bar e ai pasti comunitari, e diventare aiuto-catechisti e catechisti, e intanto partecipare alla Scuola della Parola e a qualche incontro diocesano, vivere campeggi esti-vi in montagna indimenticabili, poi per qualcuno essere scelto come educatore preAdo o come responsabile del gruppo chierichetti, infine essere oggi uomini e donne: chi in Seminario, chi presidente diocesano della Fuci, chi in un cammino di formazione missionaria, chi ingegnere, chi psicologa, chi receptionist o antennista o dipendente, chi architetto, chi viaggiatore in Spagna o in Australia… E mi piacerebbe essere in grado di saper citare anche tutti quelli che non ho ancora capito che lavoro o università facciano esattamente. In ogni caso uomini e donne in cammino, chissà verso dove, ma certamente tutti consapevoli di aver mosso passi importantissimi proprio a partire dalla casa che è stata la parrocchia.
Si può perdere tutto: il catechismo, il coro, il gruppo chierichetti, il bar, il cinema, il cammino preAdo e Ado, i gruppi di ascolto, la Caritas… Ma non si può perdere l’opportunità preziosissima di uno spazio dove essere davvero amici, davvero fratelli, dove essere se stessi come a casa e più che a casa!
Ecco, è stata questa la più grande lezione imparata, o forse solo ricordata, durante questa settimana pastorale. E tutti i ricordi non vogliono essere rievocazione nostalgica, ma stimolo per me e per voi a custodire tutto questo!
Spero di vedervi presto e mando un grosso abbraccio a ciascuno di voi.
Buona Quaresima e buon cammino, Francesco

Da Massimo:
Carissimi,
torno a scrivervi dopo la lunga pausa natalizia e le molte celebrazioni del Mistero dell’Incarnazione di Dio, in Gesù, che si fa vicino a noi nascendo da Maria. Durante le vacanze ho avuto modo di meditare e riflette-re su come questo mistero ci tocca da vicino, sia personalmente che come famiglia e come comunità. Vi sembrerà strano, ma a casa non vedevo l’ora di ricominciare a vivere l’esperienza comunitaria in seminario e con voi a Cusago!
Mi sono detto che è sempre una bella notizia custodire ed esprimere concretamente questa vicinanza di Dio che si fa uomo e che per farsi comprendere entra concretamente nella nostra vita comune di figli, fratelli e sorelle. Da qui nasce la garanzia dello stare insieme, sia come comunità di seminaristi che comunità cristiana: con la nostra volontà sola non riusciremmo e non decideremmo mai di camminare insieme, siamo troppo diversi l’un l’altro, a volte estranei, sicuramente unici.
Vi ho pensato molto il giorno della festa della Sacra Famiglia, pur non essendoci stato fisicamente. Ho pregato perché ciascuno di noi, come Maria, dica il suo sì concreto alla comunità cui appartiene per quello che è, per chi è… davanti e agli occhi di Gesù! E’ un esercizio di tutta la vita imparare a guardare gli altri non dal nostro punto di vista, ma dal punto di vista di Gesù. Lo esperimento ogni giorno in seminario. Spesso (anche tra noi seminaristi!) arriva la tentazione naturale di parlare solo con chi ci capisce, di passa-re il tempo libero con chi ci sta simpatico o consideriamo importante… senza accorgersi di chi si sente solo o è in un momento di difficoltà! E’ questo allora il momento che mi immagino che se Dio pensasse come pensiamo noi gli sarebbe scappata subito la vo-glia di farsi uomo…
Vi aggiorno sul mio rientro dopo le vacanze che mi ha catapultato in piena sessione di esami e che all’alba dei miei 54 anni mi ha messo subito di fronte alla realtà: ma chi me lo ha fatto fare di studiare e farmi “esaminare” a questa età? Vi assicuro che non è stata una passeggiata e in più comprendo meglio gli adolescenti quando spesso scrivono, o dicono, che non riescono a venire in oratorio perché devono studiare… E’ vero, a volte è un alibi, come è successo a me, che usiamo per giustificare una pigrizia o una scarsa motivazione. Comunque è passata anche questa “nuova” esperienza, è proprio vero che gli esami non finiscono mai!
Nelle prossime domeniche entreremo negli esercizi e porterò ciascuno di voi nella preghiera affinché assieme ci lasciamo plasmare e convertire come singoli e come comunità. E’ un tempo cosi detto “forte”, cioè nel senso del bellissimo salmo 116 con il quale ringraziamo ogni giorno Dio: “...perché forte è il suo Amore per noi!”.
Buona vita, a presto. Massimo

Da Marco:
Cari cusaghesi,
sono molto contento di scrivervi questo mese dopo che, una decina di giorni fa, sono riuscito a passare (pur velocemente!) dalla vostra comunità. Prima di rientrare in Seminario dopo due giorni in famiglia al termine della sessione di esami, infatti, avevo pensato di fare una scappata e il vostro parroco mi ha così invitato alla Messa delle 18.00: era infatti il 31 gennaio, giorno in cui la Chiesa intera festeggia san Giovanni Bosco.
È stata una bella occasione per rivedere diversi di voi, scambiare due parole e augurarci di nuovo buon cammino. Sono stato contento in particolare di rivedere i chierichetti, diversi bambini accompagnati dai genitori o dai nonni, alcuni adolescenti e giovani, mamme e papà della vostra comunità. Continuiamo a camminare dietro al Signore Gesù!
Per quanto riguarda la vita qui in Seminario, l’ultimo mese è coinciso con il tempo dello studio e degli esami. Quest’anno, ancor più di quelli passati, i corsi sono stati molto interessanti: in particolare ho apprezzato molto quelli di Etica sessuale, di Eucaristia e di Liturgia.
Il primo, il corso di Etica sessuale, si è concentrato sul comportamento sessuale nella relazione tra uomo e donna, mettendo in luce l’Amore di Dio che nell’amore tra i due si rivela. E a partire da questo si è affrontato, anche se ancora a grandi linee (perché saranno poi approfonditi successivamente), alcune fattispecie dell’agire sessuale, tematiche molto attuali tra cui quelle dell’omosessualità, della convivenza, dei fedeli divorziati risposati.
Il secondo, il corso di Eucaristia, è consistito nell’approfondimento di questo sacramento da vari punti di vista. Ci siamo focalizzati in modo particolare su due temi:
-  la Presenza Reale del Signore Gesù nel pane e nel vino che durante la Messa portiamo all’altare,
-  la Messa come partecipazione dei fedeli al sacrificio attuale della Croce, in cui proprio la presenza di Cristo ci permette di prendere parte al mistero della nostra salvezza.
Il terzo, il corso di Liturgia, in continuità con il precedente, ci ha portato a considerare la Messa dal punto di vista liturgico, approfondendone le varie parti che la costituiscono e in particolare le due principali: la liturgia della Parola e la liturgia Eucaristica. Questo mi ha permesso di capire meglio il significato di tanti “particolari” che ho sempre dato per scontato o a cui avevo dato interpretazioni un po’ troppo personali.
Conclusa la prima metà dell’anno con i corsi di Esegesi, Etica sociale e Greco biblico, ora sono già iniziate le lezioni del secondo semestre e la vita comune ordinaria.
Manca poco anche all’inizio della Quaresima: come ogni anno, per noi coinciderà con la settimana di Esercizi Spirituali, spazio di silenzio e di intimità con Gesù attraverso l’ascolto della sua Parola. Vi chiedo fin d’ora, per me e per i miei fratelli, una preghiera perché possiamo metterci alla sua scuola e rimanere sempre alla sua sequela.
Vi ricordo con affetto e anche io prego per voi e per i vostri pastori. Un abbraccio in Gesù! Marco
Lettere dal Seminario - "Camminando Insieme" n°96 - GENNAIO 2018

Da Massimo:
Cari cusaghesi,
anzitutto rendo grazie al mio Dio per mezzo di Gesù Cristo riguardo a tutti voi, perché della vostra fede si parla nel mondo intero. Mi è testimone Dio, al quale rendo culto nel mio spirito annunciando il vangelo del Figlio suo, come io continuamente faccia memoria di voi, chiedendo sempre nelle mie preghiere che, in qualche modo, un giorno, per volontà di Dio, io abbia l'opportunità di venire da voi. Desidero infatti ardentemente vedervi per comunicarvi qualche dono spirituale, per-ché ne siate fortificati, o meglio, per essere in mezzo a voi confortato mediante la fede che abbiamo in comune, voi e io. Non voglio che ignoriate, fratelli, che più volte mi sono proposto di venire fino a voi - ma finora ne sono stato impedito - per raccogliere qualche frutto anche tra voi, come tra le altre nazioni. Sono in debito verso i Greci come verso i barbari, verso i sapienti come verso gli ignoranti: sono quindi pronto, per quanto sta in me, ad annunciare il Vangelo anche a voi.
Come potete facilmente intuire, non sono proprio parole mie! Sono di Paolo, nel primo capitolo della lettera ai Romani. Perché ve le riporto?
In questo tempo di Natale ho incominciato al mattino a pregare l’Ufficio delle Letture e, una mattina, la lettura coincideva proprio con questo bra-no: ho subito pensato a voi, alla comunità di Cusago, a voi che mi avete accompagnato per un anno del mio cammino di Seminario.
Rendo grazie a Dio per l’entusiasmo della fede che mi avete trasmesso, pur nelle difficoltà che la vostra comunità ha vissuto e che si porta con sé. Non lasciatevi scoraggiare dalle difficoltà!
Vi ricordo sempre nella preghiera, soprattutto a Maria nella recita quotidiana del rosario: in modo particolare ricordo i bambini, i ragazzi e i giovani incontrati, ma anche le famiglie e i nonni, che ho conosciuto e che mi hanno chiesto un ricordo speciale.
Ho tanto desiderio di tornare a trovarvi per comunicarvi i doni spirituali che ho ricevuto, e che in questo tempo passano soprattutto attraverso il ministero dell’accolitato, ricevuto a novembre, che mi permette di portare il Signore Gesù a chi si accosta alla comunione eucaristica durante la Messa e soprattutto alle persone inferme che ne sono impossibilitate e che, in ospedale come a casa, attendono con tanta fede che un ministro lo porti loro.
Ho tanto desiderio di tornare a trovarvi per rivedere i vostri volti e raccogliere qualche frutto anche tra voi: il Signore non smette di concedere grazie a chi le chiede con fede e con fede si dispone ad accoglierle.
E, infine, sono in debito verso tante persone che mi hanno permesso in tanto modi di incontrare, di riconoscere e di accogliere il Signore Gesù: tra queste ci sono anche tanti di voi.
E così, dopo un po’ di giornate trascorse in famiglia per festeggiare il Natale e l’inizio del nuovo anno, ora siamo rientrati alla base, sul colle di Venegono, e il tempo che viviamo è il tempo dello studio e degli esami. Quanto desidero è allora prepararmi bene: non tanto per sfoggiare una buona dose di sapienza o per imparare a fare belle prediche, quanto per poter dire insieme a Paolo: “sono pronto, per quanto sta in me, ad annunciare il Vangelo anche a voi”, un annuncio dato con la vita di ogni giorno!
Una preghiera e un abbraccio in Gesù! Marco
Lettere dal Seminario - "Camminando Insieme" n°94 - DICEMBRE 2017

Da Francesco:
Carissimi amici,
vi chiedo perdono per il lungo silenzio di questi tre mesi. Immagino lo sappiate meglio di me che “la vita è più grande” e talvolta ti fa andare tanto di corsa da farti passare di mente impegni e scadenze… Del resto, a volte astenersi dal parlare e dallo scrivere può anche essere l’occasione per comporre in seguito parole migliori.
Sono stati proprio mesi intensi, specialmente a causa del mio incarico di comunità (quest’anno sono il responsabile della cappella musicale del Biennio), ma soprattutto sono stati mesi in cui ho avuto modo di approfondire il mio cammino spirituale, compiendo passi importanti. In ogni caso, sto molto bene, e mi sento davvero sereno. Spero che anche ciascuno di voi lo sia, e che la nostra comunità, con coraggio e pazienza, non smetta di camminare nel Signore.
Tra pochi giorni sarò a casa per le vacanze di Natale, e avremo modo di vederci, abbracciarci, raccontarci. Ma già ora vorrei farvi i miei auguri di Natale. Per farlo, prendo spunto inzitutto da un testo di don Tonino Bello, che abbiamo riadattato per la nostra Veglia di Natale qui in Seminario.
«Buon Natale, amico mio: non avere paura. La speranza è stata seminata in te. Un giorno fiorirà. Anzi, uno stelo è già fiorito. E se ti guardi attorno, puoi vedere che anche nel cuore del tuo fratello, gelido come il tuo, è spuntato un ramoscello carico di attese. E in tutto il mondo, sopra la coltre di ghiaccio, sono nati arboscelli colmi di gemme. È una foresta di speranze che sfida i venti densi di tempeste e resiste sotto le bufere portatrici di morte. Non avere paura, amico mio. Il Natale ti porta una buona notizia: Dio è sceso su questo mondo disperato. E che nome ha preso? Emmanuele, che vuol dire: Dio con noi. Coraggio, verrà un giorno in cui le tue nevi si scioglieranno, le tue bufere si placheranno, e una primavera senza tramonto regnerà nel tuo giardino, dove Dio verrà a passeggiare con te.»
«Mi domando se gli auguri di Natale, formulati così, faranno rabbia o tenerezza, susciteranno disprezzo o solidarietà, provocheranno discredito o impegno.»
«Mi interrogo su come saranno accolti questi auguri dalla folla dei «nuovi poveri» che il nostro sistema di vita ignora e, perfino, coltiva. Dagli anziani reclusi in certi ospizi o abbandonati nella solitudine delle loro case vuote. Dai tossicodipendenti che non riescono ad abbandonare il tunnel della droga. Dagli sfrattati che imprecano contro se stessi e contro il destino. Dai dimessi dagli ospedali psichiatrici che si aggirano come larve. Dagli operai in cassa ntegrazione e dai disoccupati senza denaro e senza prospettive.»
«Mi domando che effetto faranno gli auguri di Natale, formulati così, sui giovani appiattiti dal consumismo, resi saturi dallo spreco, incerti nel domani, travagliati da drammi interiori.»
«Mi chiedo per quanti minuti rideranno dinanzi agli auguri di Natale, formulati così, coloro che si sono costruiti idoli di sicurezza: il denaro, il potere, la violenza, l’intolleranza come sistema, il godimento come scopo della vita».  
Il nostro arcivescovo Mario non smette di ripeterci che questo tempo è tempo di grazia, è tempo visitato da Dio, è tempo visitato dalla sua gloria. Ma come vederlo? Sembrano parole di “euforia stonata”, assurde, folli e irrispettose davanti ad uno scenario mondiale che ha evidentemente del catastrofico, tra guerre, violenze, nuove ideologie, una natura sventrata, malumori dilaganti. Ma quale seme, quale frutto?
Facciamo memoria della nascita e diamo la morte. Lui viene per ridarci umanità, noi – consapevoli o no – inneggiamo alla disumanità. Viene per restituirci dignità e noi ne spogliamo noi stessi e gli altri.
Tutto quaggiù sembra anti-natale, anti-nascita. Tutto urla una logica malsana, che avvilisce la terra. Quale buona notizia, quale primavera?
Sguardi perversi, sguardi di rapina: così guardiamo noi stessi, gli altri, la terra. Non guardiamo un albero senza chiederci quanto renderebbe se fosse abbattuto. Non vediamo un fiume senza domandarci quanta energia darebbe se venisse arginato con una diga. Non contempliamo un tramonto senza progettare di postarlo su Instagram per ottenere una manciata di cuoricini. Quale speranza, quale attesa gratuita?
Magari ci volgiamo alla Chiesa, e sembra che il suo unico anelito sia quello di dare pubblicità a se stessa, in una spasmodica ossessione di contare nella società civile, ricercando strategie che ottengano plausi, consensi, numeri. Troviamo una Chiesa opaca, ovvia, che non fa che riproporre identicamente un modello già pesantemente proposto dal mondo; una Chiesa inutile e destinata ad essere gettata via, perché non più buona notizia, ma sale senza sapore di Vangelo. Quale grazia, quale gloria?    
Speriamo infine di trovare qualcosa di buono in noi stessi, cerchiamo a fondo nei nostri cuori, ma scopriamo che questo è dipinto con le stesse tinte del mondo di fuori. L’orribile grigiore del mondo si è riversato anche dentro di noi (o viceversa?), spegnendo ogni scintilla, soffocando ogni germoglio. E allora quale Dio, quale Natale?
«La gloria di Dio riempie la terra perché Dio non è lontano da nessuno e la gloria di Dio avvolge di luce ogni essere vivente, come avvolse di luce i pastori nella notte di Natale. […]
Non parlate troppo male dell’uomo, di nessun figlio d’uomo: la gloria di Dio avvolge la vita di ciascuno e lo rende capace di amare.
Non disprezzate troppo voi stessi: Dio vi rende capaci di amare, di vivere all’altezza della dignità di Dio, vivi della vita di Dio. La gloria del signore vi avvolge di luce.
Non disperate dell’umanità, dei giovani di oggi, della società così come è adesso e del suo futuro: Dio continua ad attrarre con il suo amore e a seminare in ogni uomo e in ogni donna la vocazione ad amare, a partecipare della gloria di Dio». (Mons. Mario Delpini, Omelia di ingresso nella Diocesi di Milano).
Dunque quale seme, quale frutto, quale speranza, quale attesa, quale buona notizia, quale primavera, quale grazia, quale gloria, quale Dio, quale Natale, se non quelli piccoli e nascosti, di cui resta visibile poco più che una traccia: un lembo di primavera nel rigore dell’inverno, un fascio di gloria che taglia le tenebre, un bambino che nasce mentre ogni cosa muore. E di questi, pazientemente, prendersi cura, a questi dare spazio.
Buon Natale! Francesco

Da Massimo:
Carissimi,
vi scrivo dopo la festa di sant’Ambrogio e dell’Immacolata che ci avvicina a grandi passi al Mistero di Gesù che si fa uomo tra noi nel Santo Natale. Qui in Seminario succedono e sono successe tante cose, si incontrano tante persone e situazioni, c’è tanto da studiare, fare servizi per la comunità, riunioni e prove d’ogni genere che si rischia di affannarsi e correre dietro a tutto, dimenticando facilmente che siamo in Avvento ormai finito e che è già arrivato all’improvviso il Natale…
Eh già, capita proprio così, proprio come a chi sta fuori dal seminario! Siamo proprio di questo mondo con le sue rincorse, distrazioni e fatiche. Colgo questa occasione per fermarmi un attimo con voi e provare a raccontarvi la mia prima impressione della vostra comunità. Sono contento di iniziare a camminare con voi, collaborando con don Germano, don Gaetano, il diacono Renato e Giorgia. Ogni inizio racchiude in sé tanti doni di Grazia che si svelano semplicemente camminando assieme e rendendosi disponibile al dono dell’altro che incontriamo. Mi sto accorgendo di attendere con trepidazione la Messa domenicale celebrata con voi, già durante il viaggio in macchina per raggiungere Cusago, mi accorgo che sono mandato innanzitutto a incontrare la comunità nel momento più importante della sua quotidianità: l’incontro con Gesù risorto che contemplo nei volti di molti che affollano la vostra chiesetta. Mi ritrovo a messa seduto in un posto privilegiato dal quale posso pregare per ciascuno di voi. Alcuni volti iniziano ad essere famigliari, soprattutto dei ragazzi e delle ragazze della catechesi di iniziazione, dei chierichetti guidati da Luca, Federica e Valentina e dai molti adulti impegnati nel servizio alla comunità, penso alle catechiste che svolgono un servizio prezioso e impegnativo. Cosa è oggi l’ora-torio dipende soprattutto dalla comunità degli adulti, che scorge i segni dei tempi e sempre accoglie il Signore che “viene a visitare il suo popolo” anche dedicando un po’ del proprio tempo ai “più piccoli” o, semplicemente, ad esserci per loro.
In questo breve tratto che ci separa dal Natale di Gesù vi accompagno nella preghiera quotidiana e vi ringrazio per avermi accolto con discrezione, come si fa con qualcuno che ci affianca per strada e ci chiede di proseguire assieme per un po’ lungo il cammino. Auguro a ciascuno di voi di accogliere così anche Gesù, che si fa tanto piccolo da non pretendere molto da noi se non di fargli spazio nelle mille attività che riempiono la nostra giornata e che rischiano di svuotarla di energie e significato, anziché di arricchirla e farla fiorire nella pienezza suo Amore che si dona.
Buon Natale di Gesù a ciascuno di voi! Massimo

Da Marco:
Cari cusaghesi,
come state? Come avete vissuto questo abbondante tempo di attesa che ci ha chiesto di preparaci ad accogliere il Signore Gesù che, facendosi uomo, continua a entrare nel mondo e nelle nostre vite?
Per la nostra Comunità del Quadriennio, su proposta degli amici di terza teologia, questo tempo è stato ispirato dal tema della Lettera Pastorale del nostro nuovo Arcivescovo, tratto da un versetto del libro dell’Apocalisse di san Giovanni:
Lo Spirito e la Sposa dicono: “Vieni!” (Ap 22, 17)
Preghiera ed esistenza cristiana in tensione verso il regno
Ecco che l’Avvento ci ha ricordato che la vita è un TEMPO DI ATTESA: l’esistenza cristiana è un tempo in cui aspettiamo il compi-mento definitivo del Regno di Dio, che già qui inizia e già qui è possibile cogliere in tanti segni presenti nella nostra quotidianità.
Ci hanno aiutato a riflettere su questo, le lettere dai monasteri di alcuni nostri fratelli e sorelle che hanno fatto la scelta di dedicare la loro vita a Dio nella vita consacrata: abbiamo chiesto loro di indicarci come vivono questa tensione tra la vita presente e la pienezza futura e come riescono a cogliere i segni di questo Regno già presente in mezzo a noi.
E i loro scritti sono stati davvero preziosi: concreti (come forse a volte non crediamo, da persone che sembrano vivere “isolate” dal mondo) e provocanti!
Ecco che l’Avvento ci ha ricordato che la vita è un TEMPO DI ATTENZIONE: come cogliere questi segni del Regno che è presente se non prestiamo attenzione, se non siamo nella giusta disposizione?
Così, i due approcci concreti che ci sono stati suggeriti per entrare in uno stile di maggior vigilanza sono stati questi: la puntualità ai vari momenti di preghiera che, come in Parrocchia, non è sempre scontata neanche in Seminario; il silenzio, soprattutto nei luoghi e nei tempi in cui ci è richiesto, come modo per lasciar sedimentare quanto vissuto e per fare spazio alla novità, per noi stessi e per chi ci vive accanto.
Ecco che l’Avvento ci ha ricordato che la vita è un TEMPO DI PREGHIERA: l’esistenza cristiana non può essere solo correre da una parte all’altra, fare tante cose, rimanere in superficie… per richiamarci alla dimensione della preghiera i padri spirituali ci hanno proposto un momento comunitario in più: l’ufficio delle letture, che ha preceduto le lodi mattutine.
Non tutti vi abbiamo partecipato, anche io ho scelto di non assumerlo come impegno per questo tempo: la proposta però mi ha permesso di tenere davanti agli occhi l’importanza della relazione personale e comunitaria con Dio, invitandomi a dare più qualità e attenzione ai momenti che già accompagnano la mia giornata.
Ecco che l’Avvento ci ha ricordato che la vita è un TEMPO DI CARITÀ: già, perché sguardo a Dio e sguardo alle sorelle e ai fratelli non sono due aspetti distinti per chi segue Cristo, o almeno per chi ci prova.
Così, per calarci nella concretezza ed essere attenti – senza tralasciare i fratelli nelle relazioni comunitarie – anche a chi vive difficoltà lavorative ed economiche, il giovedì abbiamo avuto la possibilità di portare all’offertorio durante la messa un’offerta che è con-fluita nel Fondo Famiglia e Lavoro della nostra Diocesi.
Questi gli aspetti a cui mi sono e ci siamo sentiti richiamati. Personalmente non sono riuscito a custodire tutto e bene, ma penso che l’importante sia – come ci dice papa Francesco – il “non rimanere caduti”, riconoscere di essere fragili e sempre bisognosi della misericordia di Dio, che mai si stanca degli uomini e sempre rinnova la sua alleanza con coloro che a Lui, con libertà, si rivolgono.
E così anche quest’anno il Natale è alle porte!
Come IV teologia ci è stato chiesto di preparare il presepe della comunità. Abbiamo scelto di presentare ogni giorno una statuina, con il significato che essa assume nel presepe classico. Questo è il risultato
Con questo vorrei augurare alla vostra comunità, a tutte le famiglie e a ciascuno di voi, che avete accompagnato il mio cammino e che ancora sento vicini e porto nel cuore, BUON NATALE!
Ringraziamo il Signore dell’anno trascorso e disponiamoci, per come lo Spirito ci suggerisce, a iniziare con gioia il nuovo tempo che ci viene concesso.
Un abbraccio fraterno in Gesù! Marco
Lettere dal Seminario - "Camminando Insieme" n°92 - NOVEMBRE 2017

Da Marco:
“Siamo nelle mani di Dio.”
Lo dice la signora Concetta che, vedendo quella che lei chiama ‘la gioventù disperata’, afferma: “Chissà dove andrà a finire questo mondo! Siamo nelle mani di Dio.”
Lo dice il papà Alfredo che, vedendo i suoi figli addormentarsi, afferma sorridendo:
“Signore, li affido alle tue mani!”
Lo afferma la suor Pinuccia che ogni volta si lamenta col suo confessore sulle decisioni incoerenti del suo parroco: “Con tutto ciò che sta facendo distruggerà la parrocchia! Ormai siamo nelle mani di Dio!”
Lo dichiara anche quel simpaticone del suo confessore, che non potendone più delle lamentele della suor Pinuccia le risponde: “Ha proprio ragione sorella siamo nelle mani di Dio e speriamo non applauda!”
Lo sussurra in preghiera il buon Stefano che pensando al suo futuro prega: “Signore, affido la mia vita nelle tue mani!”
Lo afferma anche Gesù sulla croce: In manus tuas Pater”, affidando il suo Spirito al Padre.
Insomma sembra proprio vero: SIAMO NELLE MANI DI DIO! È talmente vero che forse si potrebbe addirittura fare un dogma. Eppure spesso non ci accorgiamo di un’altra verità molto importante: Dio non si è accontentato di tenerci tutti nelle sue mani, ma addirittura ha deciso di mettersi nelle nostre mani, di affidarsi a noi. E come allora, anche oggi il Signore ci invita: “Date loro voi stessi da mangiare!” (Mt 14,16) …e ci chiede di portare a ciascuno il suo Corpo.
Ecco, con parole semplici, il ministero dell’Accolitato che la mia classe ed io, nel momento in cui leggerete, avremo appena ricevuto.
Quel mandato che affidò ai suoi discepoli ora il Signore, attraverso la Chiesa, lo rivolge anche a noi seminaristi di IV teologia chiamandoci ad essere Accoliti e permettendoci così di poter distribuire l’eucarestia ai nostri fratelli e alle nostre sorelle.

Cari cusaghesi,
ecco queste poche righe per provare a spiegare che cos’è l’Accolitato e per invitarvi a continuare ad accompagnare me e i miei compagni – come già fate! – con la preghiera e l’amicizia, perché possiamo discernere e compiere sempre e solo la Sua volontà.
Vi aggiorno brevemente sul mese trascorso qui in Seminario dopo l’ultima lettera. Dalla Missione Vocazionale a Cantù, abbiamo ripreso la vita ordinaria fatta di lezioni e studio, vita comunitaria e servizio pastorale. Nei prossimi mesi vi aggiornerò meglio sia sui corsi di studio che stiamo frequentando, sia sull’esperienza che ormai da un mese ho iniziato all’ospedale Niguarda e che mi vede impegnato, il pomeriggio del sabato e l’intera domenica, nella visita delle persone ricoverate nei reparti di cardiochirurgia e in oncologia.
Nel frattempo vi racconto tre momenti belli che hanno caratterizzato il nostro vivere comune, stando insieme in modo diverso e gustandolo con una maggior libertà e gratuità.
Il primo è stato la festa di accoglienza: giovedì 19 ottobre la quinta teologia ha preparato e messo in atto – come di tradizione – la festa di accoglienza per gli amici di terza che, dopo il rito di ammissione e vestizione, sono entrati a pieno ritmo nella Comunità del Quadriennio. Dopo la Messa, l’avvio dei festeggiamenti: i seminaristi hanno preso parte ai cosiddetti “Giochi olimpionici
venegonensi” e, durante la cena, rigorosamente divisi per nazionalità, sono state proposte diverse sfide che hanno visto impegnati anche i docenti e gli educatori. Le serata è terminata “col botto”, o meglio “coi botti”: i fuochi artificiali hanno decretato il vero e proprio benvenuto, simboleggiando la gioia e l’entusiasmo dell’intera Comunità.
Il secondo è la castagnata: giovedì 26 ottobre, dopo cena, i diaconi hanno acceso la brace e preparato le caldarroste e un po’ di vin brulé per trascorrere insieme una serata. Anche questo è stato un momento semplice ma che dice la vicinanza di e a questi fratelli che hanno iniziato il loro ultimo anno, dopo l’ordinazione diaconale, si stato preparando a ricevere il sacramento dell’ordine il prossimo sabato 9 giugno.
Il terzo, infine, è la gita di classe: martedì 31 ottobre – prima di rientrare a casa per festeggiare i santi e commemorare i defunti – abbiamo riservato la giornata per una gita di cui potevamo scegliere la meta e definire il programma. Come quarta teologia, dopo diverse proposte, la scelta è caduta sull’abbazia cistercense di Piona, a Colico (LC): mattinata dedicata a una breve passeggiata da Olgiasca, con cui abbiamo raggiunto l’abbazia, Messa e breve visita curata da un monaco. Quindi rifornimenti presso il loro negozio gastronomico e… via per un buon pranzetto in Valsassina, a Crandola. È stato davvero un bel modo per trascorrere una giornata con i compagni di viaggio più “stretti”, quelli con cui stiamo camminando più da vicino e con cui cresce un rapporto speciale di fraternità.
Sperando di non avervi annoiato troppo… vi saluto!
Un abbraccio fraterno in Gesù! Marco
Lettere dal Seminario - "Camminando Insieme" n°89 - OTTOBRE 2017

Da Marco:

Cari cusaghesi,
Buongiorno a tutti!
Ecco che finalmente mi rifaccio vivo. L’anno seminaristico è ripreso a pieno ritmo: tra lezioni, servizi comunitari, impegno pastorale… non ci facciamo mancare nulla!
Oggi vi vorrei raccontare di quanto abbiamo vissuto il mese scorso, sabato 30 settembre: quella mattina tutto il seminario era in Duomo per due appuntamenti importanti.
I nostri 15 fratelli di III teologia sono stati ammessi tra i Candidati agli Ordini Sacri e hanno ricevuto la veste, segno che contraddistingue il loro impegno e che, per la prima volta, lo rende pubblico: davanti alla Chiesa sono stati chiamati per nome e hanno risposto pronunciando il loro primo “Eccomi!”. Loro sono: Andrea Budelli, Matteo Garzonio, Giacomo Grimi, Diego Marostica, Enrico Medeghini, Luca Molteni, Antonio Montefusco, Benard Mumbi, Angelo Papia, Gabriele Possenti, Michele Pusceddu, Angelo Radaelli, Luigi Scarlino, Paolo Timpano, Paolo Zibra.
I 23 fratelli di VI teologia sono stati ordinati diaconi (per poi diventare preti a giugno). La sera prima in seminario hanno fatto il giuramento solenne e ora, davanti alla Chiesa, sono diventati diaconi e hanno ricevuto la loro destinazione pastorale, in cui si trove-ranno a servire il popolo di Dio per i primi cinque anni di ministero.
Loro sono Francesco Agostani, Alessandro Bernasconi, Daniele Bisogni, Giovanni Boellis, Michelangelo Bono, Davide Cardinale, Stefano Chiarolla, Gabriele Corbetta, Gianmaria Manzotti, Simone Marani, Natale Meanti, Matteo Monticelli, Lorenzo Motta, Andrea Pellegrino, Giuseppe Pellegrino, Stefano Polli, Luca Rago, Alberto Ravagnani, Simone Riva, Simone Sanvito, Andrea Scaltritti, Simone Teseo, Giovanni Vergani.
Ci tenevo a scrivervi anche i loro nomi, così anche voi potete ricordare questi giovani e che compiono un passo importante!
Per il resto cosa dire?
Quest’anno come incarico di comunità sarò “prefetto” della mia classe: da un lato – ed è la parte più istituzionale – farò da ponte tra la classe e i nostri educatori; dall’altro – ed è la parte più bella e ancora da capire! – il prefetto deve cercare di “tenere unita” la classe, quindi stare un po’ attento alle dinamiche che si sviluppano, ai singoli, a qualche bisogno particolare… e appunto per questo è un compito da conoscere col tempo, non ci sono ricette!
Un altro incarico, che in questo caso mi sono preso io, è quello del coro… quindi se verrete a qualche Messa o a qualche evento, può essere che mi sentiate cantare (spero non sia un male!).
Infine, sempre sabato 30 dopo la celebrazione in Duomo, ci siamo recati nel decanato di Cantù per l’inizio della Missione Vocazionale: quattro giorni durante i quali siamo stati ospitati dalle famiglie e abbiamo vissuto diversi momenti di incontro e condivisione con le diverse fasce d’età (ragazzi delle elementari e e delle medie, adolescenti e giovani), cercando di portare loro Gesù prima di tutto testimoniandola con la bellezza della fraternità, poi anche con le parole e le testimonianze dei nostri cammini e delle nostre piccole e grandi scelte.
E voi come state? Sono stato contento di aver incontrato alcuni di voi in Duomo per l’ingresso del nuovo arcivescovo e di essere riuscito almeno a salutare chi tra voi è passato in Seminario venerdì scorso… anzi scusate se non sono riuscito a fermarmi tutta la sera, ma come classe avevamo un momento comunitario e non potevo proprio assentarmi.
Vi assicuro che siete tutti nei miei pensieri e nella mia preghiera!
E in attesa di rivederci, vi chiedo una preghiera per me e i miei compagni, che ci stiamo preparando a diventare “ministri dell’Eucaristia” … a proposito, siete tutti invitati alla santa Messa che si terrà nella Basilica del Seminario il prossimo:
SABATO 11 NOVEMBRE alle ore 10.00
Il vescovo Agnesi ci conferirà il ministero dell’accolitato! A seguire un rinfresco durante il quale potremo salutarci con un po’ più di calma.
Un abbraccio fraterno in Gesù! Marco

Da Massimo:

LA MIA… LUNGA STORIA!
 
Ciao a tutti, sono il nuovo seminarista inviato dal Seminario, Biennio teologico e spirituale, nella vostra Parrocchia. Ho 53 anni e provo a raccontarvi qualcosa di me.
Sono il nono di undici figli, di una famiglia di origini contadine di Arluno.
Ho vissuto, fino alla mia prima entrata in seminario nel 1991, in una realtà di paese, frequentando la Parrocchia e l’oratorio, seguendo i cammini di catechesi e le proposte oratoriane fin dalla fanciullezza, divenendo poi animatore, catechista ed educatore. Già al liceo avrei voluto diventare sacerdote e appena conclusi gli studi universitari, dopo la laurea in Sociologia, mi sono deciso ad entrare in Seminario. Ho frequentato il primo anno e a seguito di approfondimenti e confronti con gli educatori, alla fine ho interrotto il percorso e sono uscito. Oggi capisco che è il Signore che guida il nostro cammino per il nostro bene, anche se nei momenti difficili non ne comprendiamo subito la volontà.
Il rientro a casa e in oratorio non è stato facile. Non ero abituato a confidarmi con i genitori di quello che mi accadeva dentro e ne soffrivo molto. Per senso di colpa e disagio, avrei voluto rimanere in cascina a lavorare con mio padre che, saggiamente, mi disse di cercarmi un altro lavoro, visti i sacrifici che avevamo fatto per studiare.
La ricerca del mio primo lavoro era orientata nel campo del sociale. In questo settore ho lavorato per 5 anni, approfondendo le mie competenze umane ed educative. Il mio cammino lavorativo è stato un progressivo cammino per diventare grande e autonomo oltre che un affrancarmi nell’impegno laico in parrocchia e anche fuori di essa nel volontariato.
Ho lavorato fino al 2009 principalmente nelle risorse umane di aziende commerciali, divenendo formatore e selezionatore del personale e successivamente responsabile di Area… insomma ero proiettato verso una bella carriera.
In questi anni mi hanno sempre accompagnato il padre spirituale conosciuto in seminario e altri sacerdoti amici. Ho vissuto un periodo di disincanto e la mia vocazione sacerdotale era ormai sepolta e passata in secondo piano. Il ritmo lavorativo intenso e le frequenti trasferte mi avevano allontanato dall’impegno diretto nella comunità cristiana. L’unico legame con la parrocchia era continuare a essere educatore di adolescenti e giovani ed era sempre più complicato da mantenere. Così, nel 2008, avevo maturato la decisione di ritornare a fare un lavoro nel sociale, ormai affrancato nell’ autonomia e nelle scelta di vivere pienamente da laico cristiano e consapevole. Nel 2009 avevo iniziato a riprendere contatti con i vecchi colleghi e a interessarmi a concorsi come sociologo o educatore, quando, verso aprile del 2009 mi è stata fatta la proposta tramite un sacerdote amico, di fare il Responsabile laico dell’oratorio alle dipendenze della cooperativa diocesana Aquila e Priscilla.
Dopo un periodo di riflessione e l’iter dei colloqui di discernimento ho accettato la proposta, vivendola come una chiamata a vivere da laico al servizio della Chiesa. Così ho iniziato la mia avventura in una parrocchia a Paderno Dugnano, trasferendomi in oratorio dove lavoravo, facendo vita comune con il parroco.
I primi anni sono stati preziosi per la mia formazione umana e cristiana e nella cooperativa di cui sono socio. Ho vissuto in comunione con la diaconia della comunità, ho condiviso la corresponsabilità nella pastorale giovanile con i sacerdoti, le catechiste e il consiglio pastorale.
Di fronte alle sfide pastorali ed educative di questi ultimi anni, ho deciso di approfondire le mie competenze umane e professionali frequentando a uno scuola triennale di specializzazione in psicologia e consulenza educativa.
Il confronto con i sacerdoti e laici del decanato mi ha sollecitato a mettere al servizio le mie competenze per la formazione degli educatori del decanato, compito che ho svolto negli ultimi tre anni. Dal confronto quotidiano con don il parroco, dalle relazioni con i ragazzi e i giovani e adulti della comunità è rinata, inizialmente come provocazione, la domanda da parte loro sulla mia vocazione sacerdotale. Le prime volte che capitava questa “provocazione” cercavo di non prenderla sul serio, mi dicevo che era legata alle normali dinamiche di comunità. Poi nella preghiera e eucarestia quotidiana, nella meditazione della Parola di Dio e il confronto assiduo col padre spirituale, s’è fatta strada in me la consapevolezza di dover approfondire e verificare la natura di quella domanda.
Ho così ripreso il cammino di discernimento vocazionale che mi ha portato prima di Pasqua a rispondere e dire il mio “sì, eccomi”, definitivo a Gesù e consegnarlo nelle mani della Chiesa ambrosiana nelle persone degli educatori del seminario competenti. Ringrazio il Signore e la sua Chiesa di cui mi sento figlio che mi aiuta a intraprendere questo cammino che mi porterà, con l’aiuto di Dio e della comunità cristiana a servirlo come e dove vorrà mandarmi.
Il mio “primo mandato” mi conduce da seminarista a voi, comunità cristiana in Cusago. Vi chiedo di accompagnarmi con la preghiera, da parte mia è assicurata per ciascuno di voi. Grazie per l’accoglienza che mi avete dimostrato fin dal primo giorno, grazie anche don Germano per la premura e la gentilezza. Massimo
Lettere dal Seminario - "Camminando Insieme" n°87 - SETTEMBRE 2017

Da Francesco:

Carissimi amici,
eccomi pronto a ricominciare la vita del Seminario: citando le parole del nostro nuovo arcivescovo Mario, “Dio benedice gli inizi”, e questo per me è un nuovo inizio, anzi l’inizio di un anno importante – che è l’anno di seconda – in cui mi preparerò a dire, a Dio piacendo, un primo grande “Eccomi” al Signore e alla Chiesa. Auguro anche a ciascuno di voi che ogni vostro inizio sia benedetto: per qualcuno è l’inizio di un nuovo percorso scolastico, per qualcuno di un lavoro diverso, per qualcuno addirittura di una vita diversa in una città nuova, per qualcuno è semplicemente un ripartire bene con la scuola o il lavoro di sempre. In ogni caso, vale la pena fermarsi a ringraziare per la strada che ci ha condotti fino a questo nuovo inizio, e a chiedere la benedizione del Signore su quello che sarà.
Facendo questo, io non posso che riflettere su quella che è stata l’esperienza più forte, tosta, bella, impegnativa e fondamentale della mia estate, che costituirà gran parte dell’ampio bagaglio di esperienze che mi porterò dietro da ora in avanti. Sto parlando chiaramente delle settimane trascorse in Bolivia insieme a due miei compagni di classe, Gianluca e Francesco.
Non so bene come raccontarvi un’esperienza così grande, speciale e ancora “fresca”, perché io stesso ho bisogno di tempo per “metabolizzarla”. Però mi piacerebbe comunque lasciarvi qualche assaggio di Bolivia… tramite un alfabeto carico di tante cose che mi sono trovato a vivere! Pronti? Via!
A come amicizia: è ciò che si è rafforzato tra me e i miei compagni di viaggio, e che si è creato tra le moltissime e diversissime persone con cui abbiamo convissuto in queste settimane: preti, giovani in missione, fisioterapisti, medici, turisti italiani e non, studenti boliviani di turismo, uomini e donne del posto, bimbi…
B come bloqueo: la situazione politica in Bolivia non è delle più facili, anzi non è molto diversa da quella del Venezuela in questo momento. Per questo motivo le proteste sono all’ordine del giorno e molto spesso gli abitanti dei villaggi istituiscono un bloqueo, cioè bloccano completamente la strada, impedendo a chiunque (persino alle ambulanze) di passare, lanciando loro le pietre.
C come cima: dall’altopiano, situato già a 4000 m. circa, gli ultimi due giorni siamo saliti su una cima delle Ande, fino a 5500 m. Eravamo noi tre seminaristi e tre ragazze del decanato Villoresi, insieme a due guide; tra noi sei nessuno credeva di farcela, soprattutto per la fatica a respirare quell’aria così rarefatta! Ma non potevamo accontentarci se non della cima, e così – ramponi ai piedi, picca in mano e corda e imbrago per tenerci uniti – ce l’abbiamo fatta! Una soddisfazione pazzesca!
D come doccia: non ne abbiamo fatte moltissime, specialmente perché, dopo una settimana, la parrocchia è rimasta senz’acqua! E pensare a tutti i litri di acqua potabile che ciascuno di noi butta via ogni giorno, mentre in gran parte del mondo la gente deve stare attenta a non sprecarne neppure una goccia…
E come El Alto: La città di El Alto nacque agli inizi del XX secolo, come sobborgo della capitale La Paz. Oggi ha superato, per popolazione, la capitale stessa: insieme contano circa 2 milioni di abitanti. È una delle città più povere del Paese: circa il 70% dei suoi abitanti non riesce a soddisfare le esigenze primarie, e addirittura 200mila persone vive senza avere accesso ad acqua potabile. La città continua a crescere, e soprattutto molte sono le costruzioni frutto del riciclo del denaro proveniente dal mercato della cocaina (la Bolivia negli ultimi anni ha sostanzialmente sostituito la Colombia nel ruolo di protagonista in questo settore, aumentando anche in questi ultimi mesi la produzione di coca e di conseguenza anche il traffico illegale). Infine, altro dato da brividi: a El Alto sparisce almeno un bambino al giorno, destinato allo sfruttamento lavorativo o sessuale, ma anche per il traffico di organi.
F come feste: i boliviani amano fare festa, e infatti il calendario è pieno di feste civili! La più importante ad agosto è il giorno 6, la Festa della Patria: tutte le comunità, i paesi, le strade si colorano del tricolore boliviano, giallo, rosso, verde; le vie si riempiono di sfilate di gente che balla coi vestiti tradizionali, sventolano le bandiere, le bande stonatissime suonano l’inno nazionale e la musica boliviana… Purtroppo però c’è anche la piaga della birra, che uccide le famiglie e le comunità: specialmente durante le feste gente beve fino a stare male, e poi si ammazza.
G come gente: perché è stata proprio la gente la vera protagonista di questo viaggio! Gente quasi sempre poverissima e semplicissima, che però non ci ha mai risparmiato qualche parola, o almeno – se la timidezza prevaleva – un sorriso, magari un po’ sdentato.
H come hotel…quello stupendo in cui Lufthansa ci ha alloggiato (senza bagaglio e senza doccia da tre giorni) per scusarsi delle circa 20 ore di ritardo aereo…
I come Italia: è stato bello vedere quanti giovani italiani – e quanti milanesi! – hanno deciso di vivere l’estate in missione! Tanti in Bolivia, ma so che, mentre noi eravamo là, moltissimi altri erano sparsi per tutto il pianeta, a dimostrazione che ci sono ancora tanti ragazzi e ragazze con un cuore grande… Basta volerli vedere!
L come lama: non avete idea di quanti ce ne siano, dappertutto!
M come mani: le mie ne sono uscite screpolate e piene di calli e di vesciche, e ne sono contento! Spalare la terra, fare i mattoni, grattare via la ruggine… mi ha insegnato l’umiltà, il silenzio, l’impegno, la fatica bella che aiuta a crescere.
N come nessuna regola: esattamente così funziona la viabilità per le strade boliviane. Non esiste la precedenza, nessuno si deve fermare a far passare i pedoni, i cosiddetti “mini-bus” vanno presi praticamente al volo… Provate a immaginare il caos che regna, specialmente nella capitale!
O come ommamma quanto sto scrivendo!
P come parrocchie: io e i miei compagni abbiamo vissuto in quella di Penas, nel dipartimento di La Paz, a 3989 metri di altitudine, 400 abitanti circa. Ma ce ne sono altre due, non troppo lontane, una a Santiago de Huata (proprio sul lago Titicaca) e una a Batallas. Le prime due sono guidate da due preti Fidei Donum della diocesi di Gubbio, padre Topio e padre Leo, la terza da una giovane educatrice dell’oratorio di Baranzate. Tre vulcani, appassionati di Dio e delle persone, che giorno dopo giorno stanno con la gente, in semplicità, cercando di “dare il pane e dire il Vangelo”, o “dire il Vangelo dando il pane”.
Q come… quasi finito!!
R come religiosità: In Bolivia, mai come oggi la Chiesa cattolica convive con numerosissime sette cristiane e anche con la religiosità ancestrale preispanica. Quest'ultima è visibilissima in moltissimi contesti: per esempio, si vedono spesso feti di lama rinsecchiti, che talvolta vengono appesi, ma più spesso si depongono nella fosse delle fondamenta di case e ponti, come buon auspicio.
Si usa poi offrire alla Pachamama (Madre Terra) o alla Virgen (la Madonna) - che in effetti sono sostanzialmente identificate - case, automobili, bambini, denaro, cibo, negozi in miniatura, a scopo propiziatorio. In poche parole, si offre la cosa piccola per possedere in futuro quella grande. Altri riti di offerta riguardano birra, Coca Cola, petardi, coriandoli, stelle filanti, fiori, usati in segno di benedizione su persone, automobili, oggetti vari. A molte chiese è poi legata una cappella delle candele: le candele vengono accese per invocare il bene o il male - in base al colore della cera - su qualcuno; oppure la cera sciolta è usata in modo da comporre immagini o scritte per chiedere una grazia particolare.
Infine, numerosissimi sono i cosiddetti Yatiri, ovvero stregoni che - a pagamento - prevedono il futuro e soprattutto guariscono usando foglie di coca, metalli fusi, statue di santi, crocifissi o altri oggetti rituali.
In tutto questo particolarissimo contesto, la Chiesa cattolica non ha evidentemente vita facile, un po' perché tanto le sette cristiane quanto la religione tradizionale esercitano una fortissima attrazione, ma anche perché è molto difficile proporre un Vangelo e una Chiesa che sono da secoli identificati con il conquistatore occidentale, e dunque con la ricchezza, la violenza, il male.
S come spagnolo: non l’ho mai studiato (alle medie di Cusago si faceva tedesco fino a circa 10 anni fa!), eppure ascoltandolo e dovendolo per forza parlare l’ho imparato, e devo dire che me la cavo abbastanza! Uno degli ultimi giorni il prete della nostra parrocchia ci ha addirittura chiesto di fare una piccola testimonianza vocazionale ai ragazzi, in spagnolo appunto! E pensate che ora, per tenermi allenato, con il mio compagno di classe salvadoregno parlo solo spagnolo!
T come terra: anzi, Madre Terra, o “Pachamama”, come la chiamano i Boliviani, che vivono un legame fortissimo con essa, quasi fosse davvero una madre, tanto che la loro religiosità sincretista è giunta ad identificarla con la Madonna. Del resto, per giustificare un legame tanto profondo, basta pensare al fatto che è con la terra e il fango che la gente costruisce i propri mattoni e dunque le proprie case! E questa stessa terra, mentre lavori, si infiltra ovunque, nei vestiti, negli occhi, nel naso, nella bocca, fra i denti, nei polmoni. E così non ho potuto non ripensare alla frase di Genesi: “Il Signore Dio formò l’uomo dalla polvere della terra, gli soffiò nelle narici un alito vitale e l’uomo divenne un’anima vitale”. Quando noi occidentali abbiamo dimenticato questo originale legame con la terra?
U come un abbraccio a ciascuno di voi!
V come vi voglio bene e vi aspetto presto in Seminario!
Z come… zaino in spalla: perché sto per partire alla volta del Seminario: ciao! Francesco

Da Marco:

Cari cusaghesi,
come promesso, continuo a tenervi aggiornati sulla vita in seminario, di modo che, anche a distanza, continuiamo a sentirci vicini e a pregare gli uni per gli altri secondo le intenzioni che portiamo nel cuore.
Colgo l’occasione anche per ringraziare don Germano e voi tutti per la bella giornata di domenica scorsa: ho potuto vivere con voi la s. Messa comunitaria e rimanere per il pranzo di condivisione in oratorio. E così ci siamo anche salutati e augurati a vicenda un buon proseguimento del cammino dietro a Gesù!
Al termine dell’estate vi raggiungo anche qui, sull’informatore, per salutarvi e aggiornarvi un po’ su questo particolare “tempo di seminario”. Tante attività, tanti bei momenti, tanti incontri!
In primis l’oratorio estivo e la settimana di montagna a Ceresole Reale, con cui ho concluso la mia esperienza di servizio pastorale nella vostra comunità.
Poi il pellegrinaggio in Terrasanta con i compagni di III e IV teologia, guidati da alcuni nostri educatori: abbiamo ripercorso tanti luoghi dove Gesù è passato, ha pregato, predicato, incontrato, guarito… bello! E abbiamo potuto constatare di persona anche le difficoltà sempre presenti tra i popoli che vi abitano. Con i miei fratelli, vi ho ricordati tutti nella preghiera di intercessione, proprio camminando in questi posti.
Quindi, per staccare e riprendere fiato, con alcuni miei compagni ho trascorso quattro giorni ad Assisi, ospitati dai frati francescani di san Damiano con cui abbiamo condiviso la semplicità della vita. In questo tempo abbiamo approfittato anche per visitare due monasteri di clausura, uno delle clarisse di Trevi e l’altro delle benedettine di Bastia Umbra: incontri con monache che si sono rivelate belle e profonde testimonianze di vita donata e gioiosa.
Infine, su proposta del Seminario, con altri due fratelli della mia classe, ho partecipato a un campo di lavoro per giovani organizzato dall’Azione Cattolica. È stata una bella esperienza di servizio (imbiancature, disboscamenti, “cucinaggio” …), di preghiera e di condivisione: si è creato proprio un bel clima e anche noi seminaristi abbiamo apprezzato molto lo stile di corresponsabilità tra laici e sacerdoti che si è respirato.
Spero che anche ciascuno di voi abbia trovato il tempo per riprendere un po’ di fiato e recuperare qualche tempo in più di preghiera! Ve ne chiedo anche per me i miei fratelli J
Ora comincia l’anno di quarta Teologia, che mi vedrà impegnato nello studio e in un’attività pastorale un po’ “speciale”: non sarò in un oratorio, ma vivrò il sabato e la domenica in ospedale a Niguarda, a contatto con l’esperienza della malattia e della sofferenza. Ma su questo vi aggiornerò meglio nei prossimi mesi!
Inizio già ad invitarvi in Seminario il giorno sabato 11 novembre, in mattinata, per il passo che caratterizza il quarto anno: l’ACCOLITATO, cioè essere istituito ministro dell’Eucaristia. Segnatevi la data!
Un abbraccio fraterno! Marco
Lettere dal Seminario - "Camminando Insieme" n°85 - AGOSTO 2017

Da Francesco:

Carissimi amici,
vi scrivo mentre mi trovo per qualche ora a casa, a Cusago: sono tornato poco fa da Fognano (RA), e da domani, per un paio di giorni, sarò a Concenedo di Barzio per un breve ritiro spirituale, prima della grande avventura in Bolivia, di cui avrò certamente modo di parlarvi più avanti.
È trascorsa circa metà del tempo estivo, e già i miei occhi e il mio cuore sono colmi di tanti volti incontrati, di tante esperienze vissute, di tanti momenti belli e intensi. E molti di questi ricordi sono quelli condivisi con voi, durante il tempo dell’oratorio esti-vo e della vacanza in montagna. Per tutto questo non posso che ringraziarvi: mi sono sentito a casa, ma in modo speciale! Per questo, ancora una volta, grazie.
Poi, come vi dicevo, sono appena tornato da Fognano: ve l’avevo già accennato brevemente nella scorsa lettera, ma ora penso sia bello raccontarvi un po’ meglio quella che è stata per me una settimana davvero importante. Fognano è una piccola frazione di Brisighella, in provincia di Ravenna. Qui, nel 1822, le Suore Domenicane del SS. Sacramento fondarono il Collegio Emiliani, la prima scuola europea gestita interamente da donne: per lungo tempo numerosissime fanciulle e ragazze della nobiltà di tutta Europa vi hanno vissuto e studiato. Oggi rimane l’asilo nido e la scuola materna, l’edificio ha perso il suo splendo-re ma non il suo fascino, ma soprattutto le suore, pur non essendo più ottanta, bensì meno di dieci, continuano a lavorare instancabilmente, con grande impegno, fantasia (la madre superiore si sposta per l’edificio a bordo di un monopattino!) e gentilezza, per prendersi cura degli ospiti.
In questo incredibile contesto, l’associazione internazionale Universa Laus organizza ogni anno un corso estivo nazionale per animatori musicali della liturgia. Questa settimana eravamo circa una trentina di corsisti, di età compresa tra i 16 e i 70 anni, provenienti da tutt’Italia, e ci siamo lasciati guidare dai tredici insegnanti alla scoperta del mondo della liturgia e in particolare della musica liturgica. Le attività della giornata tipo durante il corso sono: impostazione della voce, riflessione liturgica, lettura della musica, chitarra, organo, animazione dell’assemblea, direzione di coro, ritmica, musica d’insieme e altro ancora.
Il centro rimane sempre la preghiera, vissuta al mattino e alla sera, ben curata ed animata: questi intensi momenti innanzitutto ci hanno ricordato quotidianamente il perché – anzi il per-Chi – dell’essere lì ad imparare un servizio, e sono stati davvero occasione di un incontro intimo e profondo con il Signore.
Vi racconto questa mia esperienza perché spesso nelle parrocchie – anche nella nostra – si fanno le acrobazie per trovare chi suona e chi canta; in alcuni casi si arriva anche a pagare persone esterne, che tuttavia rischiano di essere competenti di musica, ma non di liturgia. Occorre, invece, che ogni comunità formi al suo interno persone anche nel settore dell’animazione liturgico-musicale, proprio per superare l’ottica dell’emergenza e garantire un servizio musicale continuo e degno. Fin d’ora mi rendo disponibile – per quanto mi è possibile, essendo pur sempre ancora infinitamente ignorante! – per consigli a livello di liturgia, scelte dei canti, organizzazione di momenti di preghiera… Ma soprattutto consiglio molto caldamente, soprattutto ai membri del coro, ma anche a chiunque desideri mettersi in gioco nel coro, di tenere in considerazione la possibilità di parteci-pare al corso il prossimo anno (per gli amanti dell’organizzazione-estremamente-preventiva, le date dovrebbero essere 22-29 luglio 2018).
Ma questa settimana, oltre che un'occasione per migliorarmi in ambito vocale e approfondire la mia conoscenza della liturgia, è stata soprattutto una grande esperienza di Chiesa: spesso e volentieri noi ambrosiani riteniamo di essere i più bravi, i più organizzati, i più "tutto". Settimane come questa aiutano ad allargare i proprio orizzonti, a conoscere altre persone e altre realtà belle, che sono testimonianza di una Chiesa che ovunque muove i suoi piccoli passi dietro a Gesù, ognuno con le proprie capacità, le proprie peculiarità, anche le proprie fatiche, che però possono sempre essere dono da condividere.
Come vi dicevo, tra un paio di giorni partirò alla volta della Bolivia, per un mese che sarà certamente indimenticabile. Fin d'ora vi chiedo di pregare per me, e vi assicuro che anche voi, lassù sulle vette del mondo, sarete nei miei pensieri e nelle mie preghiere.
Un abbraccio a presto, Francesco

Da Marco:

Cari cusaghesi,
il tempo vola e siamo già ad agosto! Mentre vi scrivo in realtà è ancora metà luglio: infatti tra poco partirò con i miei compagni del terzo e quarto anno di Seminario per un pellegrinaggio di due settimane in Terrasanta, dal 24 luglio al 7 agosto, e poi mi fermerò ad Assisi dal 9 al 13 agosto per un po’ di riposo e di preghiera… quindi non avrò modo e tempo di utilizzare il computer!
Ma facciamo un passo indietro. Le settimane trascorse dall’ultima lettera che vi ho scritto sono state intense, vedendo infatti il succedersi di tante belle esperienze vissute con i ragazzi, gli adolescenti e i giovani di Cusago: l’oratorio estivo DettoFatto; una giornata a Sassello per incontrare alcuni testimoni della gioia di credere in Gesù; la vacanza estiva a Ceresole Reale.
L’oratorio estivo è stato un tempo prezioso in cui, con i bambini e ragazzi presenti, abbiamo ripercorso i sette giorni della creazione in cui Dio separa la luce dalle tenebre, la terra dalle acque; crea i pesci , gli uccelli e gli animali terrestri; dà vita all’uomo, culmine della creazione e gli chiede di “dominare”, cioè di avere cura, di tutto il creato; infine dà la sua benedizione, cioè riconosce il bene che c’è in ciò che ha creato e si concede il tempo del riposo durante il settimo giorno.
Ecco, al di là di alcune fatiche vissute, sento che anche a me il Signore chiede di riconoscere tutto il bene che mi ha posto davanti e mi ha segnato in queste settimane (e in tutto l’anno trascorso nella comunità cristiana di Cusago), che è proprio tanto!
L’oratorio estivo è stato il tempo in cui una sessantina tra bambini delle elementari e soprattutto ragazze e ragazzi delle medie si sono cimentati nello stare insieme (cosa a cui non tutti sono abituati!) nel gioco, nella preghiera, nel tempo libero, nei laboratori e anche in alcuni servizi come l’apparecchio, lo sparecchio e qualche pulizia. Un grazie speciale agli animatori, che con il loro entusiasmo e le loro energie si sono messi in gioco e sono stati accanto ai bambini e ai ragazzi. Certo, ogni tanto c’è stato bisogno di qualche dritta, ma è anche per questo che eravamo presenti Francesco, Valentina ed io, per garantire loro una presenza su cui contare e cercare di guidarli in questa bella esperienza che è fortemente educativa anche per i nostri adolescenti. E personalmente trovo anche in questa collaborazione a tre un forte elemento per cui ringraziare il Signore e i diretti interessati, perché è sempre più bello, consolante e arricchente confrontarsi e lavorare insieme, piuttosto che procedere in solitaria. Da non dimenticare tutti i collaboratori adulti: da chi ha aiutato per il bar, i laboratori, le pulizie, a tutti i genitori che ci hanno sostenuto. E ora, avanti nel Signore, non lasciamo cadere neanche una virgola del bene e del bello che si è visto in queste giornate!
Con gli animatori poi siamo stati in gita a Sassello per incontrare i genitori e l’amica del cuore di Chiara “Luce” Badano (ragazza che ha vissuto in modo così esemplare la sua breve vita in questa terra da essere proclamata beata nel 2010) e celebrare la s. Messa davanti alla sua tomba. Non abbiamo improvvisato, ma ci siamo preparati a questo momento: un pomeriggio della quarta settimana, infatti, insieme a tutti i ragazzi abbiamo proiettato il filmato che ne mostra la vita, le amicizie, alcune curiosità; nella preghiera serale del gruppo animatori, inoltre, ci siamo fermati in preghiera con lei rileggendo alcuni episodi della sua infanzia e giovinezza, confrontandoli con la nostra esperienza.
Infine la vacanza a Ceresole Reale. Nonostante il “piccolo gregge” di iscritti, la settimana è trascorsa proprio bene, tra giochi in scatola (soprattutto i primi giorni in cui la pioggia non dava tregua!), camminate, raccolta di mirtilli, momenti di preghiera e di servizio… e anche una scappata in Seminario, prima di rientrare a Cusago, per mostrare alle partecipanti dove abitano i loro “seminaristi”!
Ed è con queste giornate in montagna che si conclude anche il mio servizio pastorale nella comunità di Cusago. Pur essendo consapevole che la mia presenza sarebbe stata solo di un anno, vi confesso che mi spiace lasciarvi già, perché pur nel tempo breve di questi mesi, le esperienze e i momenti vissuti insieme sono stati tanti e profondi: così mi sono davvero legato e affezionato a ciascuno di voi. Come dice san Paolo nella Prima lettera ai Tessalonicesi, “mi siete diventati cari!”.
Mi sono sentito accolto e accompagnato da ciascuno di voi e dalle vostre famiglie, e ho sentito molto presente il Signore Gesù che ha guidato i miei passi e che plasma la mia – a volte anche molto resistente – personalità, per rendermi strumento della sua misericordia e lasciar trasparire Lui attraverso di me. Certamente avete contribuito e – sono sicuro – continuerete ad aiutarmi, con la preghiera e la vicinanza, nel mio cammino di Seminario e di vita. Io vi prometto la preghiera quotidiana con il Santo Rosario: per ogni famiglia incontrata, specialmente quelle in difficoltà; per chi è solo e sofferente; per i bambini, gli adolescenti e i giovani; per i germi di vocazione visti in questi mesi; per chi ha maggiori responsabilità nella comunità… insomma vi ricordo tutti!
Un semplice GRAZIE per tutto!
E insieme al grazie, vorrei raggiungere tutti anche con una richiesta di PERDONO. Vorrei farlo con parte di questa preghiera di don Tonino Bello, recitata durante l’ultima adorazione con gli animatori:
 
Vivere è assaporare l’avventura della libertà.
Vivere è stendere l’ala, l’unica ala, con la fiducia
di chi sa di avere nel volo un partner grande come Te.
Ma non basta saper volare con Te, Signore.
Tu mi hai dato il compito
di abbracciare anche il fratello e aiutarlo a volare.
Ti chiedo perdono, perciò, per tutte le ali che non ho aiutato a distendersi.

Vi chiedo scusa, pertanto, per le volte che non sono stato capace di aiutarvi nel distendere le ali, per quando – consapevolmente o inconsapevolmente – non sono riuscito a passare ”Gesù” ed è emerso soltanto me stesso.
Ora concludo davvero!
Per chi volesse in questi anni di Seminario ho iniziato a tenere la corrispondenza con amici, parenti, famiglie, mandando ogni tanto una mail… se qualcuno lo desidera lo aggiungo (fatemelo sapere al cellulare: 3476772647 oppure alla mail: marco.dellacorna.86@gmail.com) e ci terremo in contatto anche così!
Un abbraccio fraterno e un arrivederci, Marco
Lettere dal Seminario - "Camminando Insieme" n°81 - GIUGNO 2017

Da Francesco:

Carissimi amici,
questa volta vi scrivo direttamente da Cusago: l’anno seminaristico si è appena concluso, e so-no iniziate le vacanze! Anzi… il tempo estivo! Sarà un tempo bello e intenso, e sono davvero contento di iniziarlo con l’esperienza dell’Oratorio Estivo, qui con voi! Come sapete, ci saremo io, il seminarista Marco e Valentina, e insieme a tanti animatori carichi di entusiasmo, ad accompagnare i ragazzi alla scoperta dei prodigi del Creato, nel viaggio #DettoFatto.
Dopo l’Oratorio Estivo e la Settimana dell’Amicizia in montagna, andrò a Fognano per una settimana di formazione musicale e liturgica, da spendere poi nella cappella musicale del Seminario, ma anche in parrocchia.
Avrò poi alcuni giorni di Esercizi Spirituali a Barzio: una grande occasione per ricaricare le energie a metà dell’estate, nel silenzio e nella preghiera…
Successivamente eccomi pronto per partire alla volta della Bolivia, insieme a due miei compagni di classe, Gianluca e Francesco. Sarà l’esperienza più forte e irripetibile dell’estate: in un mese, non abbiamo certo la pretesa di apportare chissà quali cambiamenti in una realtà così difficile e povera, ma sarà bello entrare in punta di piedi per imparare da questa gente uno sguardo nuovo e più semplice per leggere la vita.
Infine, appena tornato dalla Bolivia, insieme a tutta la Comunità del Biennio, andrò come l’an-no scorso a Roma per la settimana estiva: qualche giorno di fraternità e condivisione a conclusione dell’estate, in un luogo così carico di storia, fede e spiritualità, con i fratelli, vecchi e nuovi, che poi mi accompagneranno per tutto l’anno seminaristico!
Insomma, come vedete non mi fermerò un istante: sarà un’estate bella piena, in cammino dietro Gesù e accanto ai fratelli che man mano incontrerò.
Nelle prossime settimane ovviamente ci vedremo, in oratorio e in chiesa, perché i momenti da vivere insieme saranno davvero numerosi, tra Oratorio Estivo, serate di musica e festa, concerti, tempi di preghiera…
E per il resto dell’estate… vi porto con me, nel cuore e nella preghiera!
Questa volta sono solo poche righe, ma adesso avremo modo di parlare di persona!
Un abbraccio e a presto, Francesco

Da Marco:

Cari cusaghesi,
un altro mese è volato ed ecco che per me è già arrivata la fine del terzo anno di Seminario. Mi sembra ieri quel 18 settembre 2014 quando ho lasciato casa e sono partito alla volta di Venegono… ed eccomi alla terza estate da seminarista!
Questo mese è stato particolarmente intenso: le lezioni sono terminate il 17 maggio scorso e subito è cominciata la sessione estiva degli esami, sessione che termina sabato 10 giugno con i festeggiamenti per i nove diaconi che vengono ordinati sacerdoti in Duomo e si preparano a portare il Signore Gesù a tutti, cominciando dalle comunità parrocchiali a cui sono stati affidati. Erano dieci, ma uno di loro ha il papà in fin di vita e per questo ha chiesto e ottenuto la possibilità di rimandare l’ordinazione: ricordiamoci in modo particolare anche di lui e della sua famiglia nella nostra preghiera.
 
La sessione, dicevo. Questo semestre sono stati sei i corsi che hanno visto impegnati la mia classe e me:
 
  • Etica fondamentale: un approfondimento su come lo Spirito Santo attrae la nostra libertà, che non può non giocarsi ma si trova “costretta” a scegliere se corrispondere oppure opporsi a questa attrazione;
  • Liturgia: l’evoluzione storica della liturgia (dalla prima comunità cristiana fino al Concilio Vaticano II) come sorgente della vita della Chiesa, momento in cui Cristo si fa presente e ci permette di unirci alla sua lode al Padre;
  • Storia della Chiesa: il periodo che va dalla Rivoluzione francese fino alla Seconda Guerra mondiale e al Concilio Vaticano II, con particolare riferimento ai papi che hanno guidato la ‘barca di Cristo’;
  • Sacra Scrittura: un approfondimento sui libri di Genesi ed Esodo, in particolare i due racconti di creazione (riportati nel primo libro della Bibbia) e il Decalogo, i dieci comandamenti che Dio ha consegnato a Mosè sul monte Sinai;
  • Cristologia: lo studio della persona di Cristo, che è vero Dio e vero uomo, accostando anche i documenti prodotti nei diversi Concili che hanno attraversato la storia;
  • Teologia pastorale: la riflessione sull’agire della Chiesa, per come si è sviluppato nella storia e per come è possibile che si sviluppi in futuro.

Terminati gli esami inizierà quindi il tempo estivo: ogni seminarista lascerà Venegono e si stabilirà in quelle comunità in cui è stato destinato a prestare il suo servizio, in modo particolare nelle esperienze degli oratori feriali, occasioni uniche per chiunque vi partecipa (dai bambini agli animatori, dagli educatori e da noi seminaristi a tutti i volontari che mettono a disposizione le loro capacità) per stare insieme, pregare, divertirsi, fare qualche passeggiata a contatto della natura e soprattutto conoscere un po’ di più Gesù e la Bella Noti-zia (il Vangelo!) che ancora oggi vuole fare giungere a ciascuno di noi: Egli è venuto per darci la vita e per darcela con pienezza… ci ha creati per questo!
DettoFatto! Meravigliose le tue opere”: così dice infatti il motto di questa estate, sintetizzando l’opera della creazione di Dio che culmina con l’uomo creato a sua immagine e somiglianza.
E allora sono impaziente di iniziare questa bella avventura che mi vedrà collaborare con don Germano, con Francesco e Valentina; insieme agli animatori, i nostri adolescenti che, con il loro entusiasmo, già da alcuni mesi si stanno preparando; con tutti i bambini e i ragazzi che sceglieranno, insieme ai loro genitori, di parteciparvi; e infine a fianco di quegli adulti volontari che vorranno darci una mano e un po’ del loro tempo per far riuscire tutto bene. Non dimentichiamo di essere una comunità, non un centro estivo qualsiasi: tutti possono dare una mano, anzi è necessario che i bambini e gli animatori percepiscano davvero che dietro c’è una comunità edu-cante che crede e vive la “vita buona” del Vangelo.
Ora vi saluto!
Uniamoci alla preghiera per i preti novelli e ricordiamoci sempre a vicenda in Lui. Avanti nel Signore!
Un abbraccio fraterno, Marco
Lettere dal Seminario - "Camminando Insieme" n°79 - MAGGIO 2017

Da Francesco:

Carissimi,
che strano pensare che il mio primo anno di Seminario sia già quasi passato! Mi pare di essere entrato solo l'altro giorno, e invece è già tempo di pensare all'estate (che si prospetta intensissima, ma che avremo anche la possibilità di vivere insieme per il tempo dell'oratorio estivo), di studiare per gli esami, e soprattutto di pesare i frutti dell'anno vissuto... Non per efficientismo, per controllare che il cammino finora percorso “abbia funzionato”: non è mai questo, perché non siamo limoni da spremere il più possibile, specialmente quando si tratta di cammino spirituale e vocazionale, insomma delle cose davvero importanti della vita! Non intendo misurare l'aumento in percentuale delle ore giornaliere di preghiera, o l'incremento della quantità di libri letti e di pagine studiate, o la crescita quantitativa delle mie relazioni: assolutamente, niente di tutto ciò! Invece, desidero scorgere nel cammino di quest'anno la presenza di Dio, capire cosa ha favorito l'incontro con Lui e cosa no. Perché sono convinto che, alla fine, il valore del nostro tempo si giochi tutto in questo.
E, guardandolo da questo punto di vista, non posso non vedere quanto quest'anno sia stato fecondo. Mi vengono in mente davvero un milione di momenti e situazioni che mi hanno fatto crescere umanamente e spiritualmente, ma qui vorrei presentarvene brevemente solo tre, che credo possano diventare importanti e centrali nella vita di ogni cristiano: l'Adorazione Eucaristica, le letture spirituali e le relazioni buone.
Innanzitutto, l'Adorazione Eucaristica. Devo dire che un po' mi è spiaciuto - o quantomeno mi ha interrogato - il vedere, durante le vacanze pasquali trascorse a Cusago, che l'Adorazione Eucaristica per le vocazioni del giovedì sera era praticamente deserta... L'Adorazione è forse la più grande e speciale occasione di intimità che abbiamo con il Signore: ho cominciato a scoprirlo due anni fa, partecipando sia all'Adorazione animata da Nuovi Orizzonti a Milano il martedì sera sia a quella personale e silenziosa a Cusago, e pian piano lo sto scoprendo sempre di più! Inizialmente magari c'è un po' di imbarazzo, non si sa bene cosa fare, e allora si legge un libro, o una meditazione, o si dice il Rosario, poi, con il tempo, l'intimità con il Signore cresce e si scopre che non tutti i silenzi vanno riempiti, che non tutti i vuoti vanno colmati, che è sufficiente guardare Gesù in quel piccolo pane e sapere di esserne guardati. Del resto, non funziona così anche tra gli innamorati? Prima si dicono e si fanno un sacco di cose, poi la relazione matura e allora si scopre anche la bellezza di stare semplicemente insieme, in silenzio. Ecco, l'Adorazione Eucaristica non può che essere un appuntamento immancabile nella vita del cristiano, un appuntamento a partire dal quale la sua vita viene radicalmente trasformata e trasfigurata. Oltretutto, anche qui in Seminario, come a Cusago, l'Adorazione è il giovedì sera: quanto sarebbe bello se ci custodissimo a vicenda nella preghiera davanti all'Eucaristia!
Poi, ho scoperto che, per me, anche il leggere libri spirituali è una grandissima occasione per far fiorire il mio cammino. Perché non significa altro che stare con i grandi, con i veri campioni della vita e della fede. Gli autori spirituali, e ancora di più i santi, sono persone che hanno intuito quale sia la perla preziosa della loro vita e l'hanno custodita con cura e raccontata con generosità. Non riesco neppure a descrivere quanto la conoscenza di questi grandi della fede mi stia accompagnando e incoraggiando sulla via verso la santità, che è davvero l'unica via che valga la pena percorrere, per ogni cristiano e per ogni uomo. Mi sento di consigliarvi particolarmente due dei libri che ho letto nelle ultime settimane...
Il primo è “Solo i malati guariscono. L'umano del (non) credente”, scritto dall'aquilano don Luigi Maria Epicoco, molto presente su Facebook e anche sul piccolo schermo: «È proprio degli umani ammalarsi. Se non accetti la fragilità del tuo essere vulnerabile non potrai mai sperimentare nemmeno la guarigione. Per questo solo i malati gиarisсопо».
Il secondo è “La mia natura è il fuoco. Vita di Caterina da Siena”, biografia romanzata della nostra patrona d'Italia, ad opera di Louis De Wohl: «Hai proprio bisogno della tua creatura? In verità si direbbe che non puoi vivere senza Tu, che sei vita, da cui si origina la vita di ogni cosa... Perché sei cos' insensato? Perché sei innamorato della tua creatura... Tu sei come l'ubriaco con il desiderio di salvezza. Più ti sfugge, più la cerchi...».
Infine, per relazioni buone intendo sostanzialmente due tipi di relazione: l'amicizia e la direzione spirituale. Vivere l'amicizia con alcuni miei fratelli di Seminario è senza dubbio fondamentale, ma voi mi potrete dire che io qui sono in un contesto particolare, però fuori, nel “mondo reale” è molto più difficile incontrare persone con cui condividere un cammino spirituale cristiano: può anche essere, ma in effetti sono abbastanza convinto che sia sufficiente aprire bene gli occhi per trovare compagni di viaggio inaspettati! Condividere il proprio cammino spirituale con degli amici, confrontarsi, dialogare in maniera costruttiva, sono modi bellissimi innanzitutto per capire che non siamo soli, e poi per migliorarsi sempre di più e sostenersi a vicenda. La direzione spirituale, invece, è qualcosa che la Chiesa ci consegna da moltissimi secoli, perché da sempre è stato chiaro che nella fede, proprio come nella vita, non si nasce e non si cammina da soli: c'è bisogno di un direttore o padre o guida spirituale (che in genere è un prete, ma può anche essere una suora o un'altra persona che sia più adulta di noi nella fede) che ci aiuti a comprendere qual è la nostra strada e a perseverare su di essa, superando tutti gli ostacoli che incontreremo. Nessuno, tantomeno un giovane, può crescere spiritualmente senza un padre spirituale!
Spero che questi miei piccoli suggerimenti possano essere utili per qualcuno che desideri alimentare la propria vita di un cibo spirituale bello sostanzioso! Anche perché, senza tutto ciò, come si può avere le forze di fare altro? Provate a pensare: che senso avrebbe sforzarsi di correre ore e ore, e arrabbiarsi con se stessi se non ce la si fa, se prima non si è mangiato nulla che ci desse nutrimento? Allo stesso modo, in che modo potremo sperare di proporre un bel cammino di Iniziazione Cristiana, o di animare gruppi di ascolto, o di curare bene i canti e la liturgia, o di formare dei buoni animatori, o anche più semplicemente di riuscire a vivere bene il nostro impegno scolastico o lavorativo o familiare, se prima non ci siamo nutriti adeguatamente?
Ci vediamo prestissimo, pronti per vivere una grandiosa estate insieme!
Un abbraccio, Francesco

Da Marco:

Cari cusaghesi,
siamo già giunti a maggio! Sembrava ieri che di essere arrivato nelle vostre terre e invece l’anno pastorale è già quasi giunto al termine. Ringrazio il Signore per questi mesi in cui ho conosciuto tanti di voi: il gruppo chierichetti, sempre gioioso di servire all’altare (anche se è tempo di “rimpolparlo” un po’, quindi fatevi avanti!); bambini e ragazzi durante il catechismo e i pomeriggi di animazione; adolescenti e giovani: chi ha messo a disposizione un bel po’ del suo tempo per i più piccoli, chi è solo passato qualche volta perché in oratorio trova degli amici; genitori, famiglie e adulti che, ognuno secondo le sue disponibilità, si mette a servizio. Certamente, come non di rado sento dire (e non solo a Cusago) molti di più potrebbero dare un po’ del loro tempo, molta di più potrebbe essere la partecipazione alle proposte e così via… ma sicuramente non dobbiamo chiudere gli occhi davanti a tanto bene che c’è anche in questa nostra comunità! E io ne ho trovato tanto in questo mesi, bene che sicuramente porto con me e arricchisce il mio cammino di fede e di seminarista che si sta formando per il sacerdozio.
 
Vi ringrazio e prego perché sempre di più aumenti, a partire dalle vostre famiglie, il desiderio di crescere nell’amicizia con Gesù: Lui solo può darci la felicità e la gioia piena, anche in mezzo a difficoltà e sofferenze di ogni sorta (e di questo tanti santi, anche molto giovani, ne sono la prova vivente!). Questo mi piacerebbe che ci impegnassimo di più, come adulti nella fede, a testimoniare ai ragazzi e ai giovani, sia parlando loro di Gesù sia vivendo insieme a loro l’esperienza della vita buona e bella del Vangelo.
 
Mi sento anche di chiedere perdono per tutte le situazioni non comprese e a cui non sono riuscito ad arrivare, ma soprattutto per quelle volte in cui non ho lasciato trasparire la Parola e l’azione di Gesù attraverso i miei gesti e le mie parole.
 
In ogni caso sarò con voi anche per l’estate, quindi avremo modo di continuare a vederci (forse ancora di più!) e camminare insieme sentendoci vicini non solo con la preghiera ma anche con la presenza effettiva.
 
Ormai inizia anche l’ultimo mese di vita comunitaria in Seminario: finiscono le lezioni e inizia il tempo dedicato in maniera ancora più intensa allo studio e agli esami, come è stato per la sessione di gennaio.
 
Ma prima di concludere questa lettera vorrei soffermarmi su due giornate che, in questo mese, hanno visto il Seminario in festa: la Festa del Seminario di domenica 1 maggio e la Festa di Fiori di martedì 9 maggio.
 
La Festa del Seminario ha visto il ‘castello’ di Venegono riempirsi di parenti e di amici, di bambini e di giovani, di famiglie e di anziani che hanno voluto condividere una giornata o una parte di essa con qualche seminarista che conoscevano, o perché della loro parrocchia di casa o perché destinato lì per svolgere il suo servizio al sabato e alla domenica. Il cardinale Angelo Scola ha presieduto la Santa Messa della mattina in basilica, poi ognuno si è ritrovato nei refettori per condividere il pranzo caldo acquistato ai diversi stand culinari che proponevano, se non proprio dello street food, ottimi piatti provenienti da varie parti della diocesi (e dell’Italia!). Il pomeriggio, tra una scrosciata e l’altra di pioggia, qualche gruppo musicale ha suonato e diverse squadre si sono sfidate a tornei di calcio. Prima di cena è stato il momento della preghiera vocazionale, presieduta ancora dal nostro cardinale: la basilica era piena! È stato bello pregare insieme a tanti giovani, pregare gli uni per gli altri e anche per chi non era lì. La sera infine ha visto la proposta di un concerto, tenuto da alcuni seminaristi, in cui i diaconi che a giugno diventeranno sacerdoti si sono presentati ai giovani presenti (tra cui alcuni cusaghesi!).
 
La Festa dei Fiori, invece, è la festa che il Seminario organizza per presentare i Fiori (cioè i futuri presbiteri) a tutti i preti della Diocesi e per festeggiare anche gli anniversari di ordinazione sacerdotale di chi prete lo è già da un po’ di anni. La messa con l’arcivescovo è stata il centro della giornata, a cui è seguito un rinfresco e la presentazione dei nostri diaconi (e futuri preti) nel quadriportico del quadriennio. Abbiamo quindi concluso con il pranzo, ognuno con i suoi preti di riferimento, e con l’estrazione dei biglietti vincenti della lotteria (verificate di aver vinto qualche premio!).
 
Ora vi saluto, assicurando ancora una volta la mia povera preghiera per voi e chiedendovi di fare lo stesso per me e i miei compagni di cammino.
 
Un abbraccio fraterno, Marco

Lettere dal Seminario - "Camminando Insieme" n°77 - APRILE 2017

Da Francesco:
 
«Sta all’esterno» e «piange» Maria di Magdala.
«Sta all’esterno» e «piange» chi ancora non sa.
«Sta all’esterno» e «piange» chi non vede i segni della nuova vita in mezzo ai segni della morte.
Questa volta più che mai, «stiamo all’esterno» e «piangiamo» tutti noi.
Perché è vero: questo tempo non può sembrare tempo di grazia, la morte continua a schiacciare la vita, ed il sangue è un fiume che scorre travolgendo con la sua violenza chiunque non accetti di rinchiudersi a marcire nella bara del proprio egoismo.
Quale Resurrezione? Quale Vita? Quale Luce? Quale Amore? Quale Dio?
«Stiamo all’esterno» e «piangiamo», ci abbiamo anche provato a scorgere un po’ di Bene, oppure ad impegnarci per costruirlo. Ma siamo andati a finire come Maria di Magdala, a piangere «vicino al sepolcro», cioè sui segni di morte che ci circondano.
«Maria!»: voce nota eppure mai udita.
«Maria!», bacio che scioglie i nodi del cuore.
«Maria!», balsamo sulle nostre ferite purulente.
«Maria!». Francesco, Chiara, Marco, Veronica... Il tuo nome, in un assordante sussurro d’amore capace di trasformare il lutto in danza, di restituire la tua vita alla Vita, di trascinare con sé nella propria risurrezione anche l’uomo o la donna più miserabile.
Non so se io, tu, noi sentiremo il nostro nome pronunciato così e sapremo vedere segni di vita oggi, o domani, o tra cento anni. Non so quante volte dovremo essere rifiutati o ci sentiremo soli. Non so quante relazioni in cui avevamo investito tanto ci saranno strappate via. Non so fino a che punto le nostre comunità si svuoteranno. Non so quanti fiumi rossi di sangue vedremo ancora scorrere nelle nostre strade e fra le nostre mani. Non so quanti uomini e quante dorme continueranno ad essere sepolti urlanti nel mare, o quanti volti di bambini vedremo sfigurati dal dolore e dalla paura. Non so quante chiese e quante piazze saranno sventrate da bombe. Non so per quanto tempo ancora questa cultura continuerà a plagiare i nostri sguardi facendoci credere che sia tutto qui. Io non lo so. Nessuno lo sa.
Ma c’è una Chiesa, una Madre che - questo lo so - mi porta fra le sue braccia e mi invita a rimanere ad ogni costo attaccato a Dio anche quando non si vede, a stringere la Sua veste tra le mani come un bambino anche se mi pare di palpare solo il nulla, a sperare nonostante i segni di Bene siano assenti o così pochi da apparire insignificanti. E, quando la mia lingua non può articolare più nulla, perché nessuna parola umana è sufficiente, è la Madre Chiesa a consegnarmi parole per pregare:
«Io so che il mio redentore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere! Dopo che questa mia pelle sarà strappata via, senza la mia carne, vedrò Dio. Io lo vedrò, io stesso, i miei occhi lo contempleranno e non un altro.»
(Gb 19,25-27a)
Ecco il mio augurio, in questa Pasqua, per la mia e per la tua vita: che non smettiamo di cercare la Resurrezione nel sepolcro, la Vita in mezzo alla morte, la Luce fra alle tenebre, l’Amore nascosto nell’indifferenza, Dio tra le opere del divisore. E quando non lo troveremo, quando non ne scorgeremo neppure l’ombra, proprio allora rimaniamo ancora più saldi nella silenziosa speranza, perché un giorno, nel nostro tacere, risuoni amoroso il nostro nome sulla bocca del Redentore risorto e vivo.
Buona Pasqua, Francesco

Da Marco:
 
Cari cusaghesi,
in questi giorni santi giungiamo al cuore della nostra fede! Il tempo di grazia della Quaresima è al termine e stiamo per rivivere le celebrazioni del Triduo Pasquale che ci riportano al fondamento della nostra fede: la croce e la resurrezione del Signore Gesù, che dona la sua vita per noi che siamo peccatori e ci riapre le porte per entrare in quella relazione intima, in quella comunione col Padre che Egli desidera avere con ciascuno fin da quando ci ha creati.
E che cosa ricordare di questo tempo di Quaresima, su che cosa soffermarmi di quanto vissuto nel mese trascorso dall’ultima lettera? Un incontro e una Parola.
Un incontro. Come non ritornare all’incontro dello scorso 25 marzo con papa Francesco, con il successore di Pietro che è venuto a confermarci nella fede? Come Seminario abbiamo partecipato in mattinata alla celebrazione in Duomo, rivolta ai consacrati e alle consacrate; poi il pomeriggio ci siamo spostati a Monza per la S. Messa con tutto il Popolo di Dio, tra cui c’era anche un nutrito gruppo di voi cusaghesi. Tra le tante che il papa ci ha lasciato e che ognuno di noi dovrebbe andare a riprendere per rifletterci, due le parole che vi rilancio, entrambe pronunciate in Duomo. La prima è “sfida”:
Non dobbiamo temere le sfide. - dice Francesco - Quante volte si sentono delle lamentele: “Ah, quest’epoca, ci sono tante sfide, e siamo tristi...”. No. Non avere timore. Le sfide si devono prendere come il bue, per le corna. Non temere le sfide. Ed è bene che ci siano, le sfide. E bene, perché ci fanno crescere. Sono segno di una fede viva, di una comunità viva che cerca il suo Signore e tiene gli occhi e il cuore aperti. Dobbiamo piuttosto temere una fede senza sfide, una fede che si ritiene completa, tutta completa: non ho bisogno di altre cose, tutto fatto. Questa fede è tanto annacquata che non serve. Questo dobbiamo temere.
Dunque tutti, giovani e meno giovani, adulti e famiglie, consacrati e laici: nessun timore! Dietro a Gesù e avanti con coraggio! Anche quando sembra che le difficoltà l’abbiano vinta e alcune sfide siano insormontabili. La seconda parola è “lievito”:
I nostri padri e madri fondatori non pensarono mai ad essere una moltitudine, o una gran maggioranza. I nostri fondatori si sentirono mossi dallo Spirito Santo in un momento concreto della storia ad essere presenza gioiosa del Vangelo per i fratelli; a rinnovare ed edificare la Chiesa come lievito nella massa, come sale e luce del mondo. [...] io non ho mai visto un pizzaiolo che per fare la pizza prenda mezzo chilo di lievito e 100 grammi di farina, no. E al contrario. Il lievito, poco, per far crescere la farina.
Anche se in questo caso papa Francesco si rivolge alle consacrate, penso che possiamo estendere la portata del suo discorso a ciascuno di noi: care famiglie, cari giovani, cari adolescenti: non è essere tanti che importa, non è pensarla allo stesso modo di tutti i nostri amici, non è seguire la massa o, a volte, il branco... non è neanche fare un sacco di eventi o riempire l’oratorio di bambini e di ragazzi, se al centro di tutti non c’è Gesù! Lui ci chiede di avviare processi, prima ancora di riempire spazi (cf Evangelii Gaudium 223), ci chiede di essere lievito con il nostro esempio, di non aver paura di vivere come Lui ci ha mostrato, di parlare di Lui alle persone che incontriamo. Poi sarà Lui stesso, mediante lo Spirito ad agire. Del resto, la prima comunità cristiana non faceva altro che questo: “Ogni giorno erano perseveranti insieme nel tempio e, spezzando il pane nelle case, prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo. Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati” (At 2, 46-47).
Una Parola. La Parola (con la P maiuscola!) che mi ha colpito è il brano di Vangelo ascoltato la scorsa domenica, delle Palme: Maria di Retania, sorella di Lazzaro, cosparge di un profumo molto prezioso i piedi di Gesù e li asciuga con i suoi capelli, mentre Giuda dice che è tutto uno spreco... insomma si poteva vendere quel profumo e dare il ricavato ai poveri!
In realtà, questo gesto di Maria mostra il modo di fare di Dio. Quel Dio che alla samaritana si era manifestato come acqua che disseta, ora si manifesta nel gesto di questa donna che anticipa la manifestazione suprema di Gesù sulla croce: è il gesto dello spreco. Forse non era necessario, forse si poteva “gestire” in altro modo... così ci direbbe il buon senso! E invece il nostro Dio non è il Dio del buon senso. Il gesto d’amore supera di gran lunga qualsiasi gesto utilitaristico. Ed è così che si manifesta il nostro Dio. A un Dio così ci viene proposto di credere per vivere. Per un Dio così ci viene proposto di donare la vita. E aggiungerei... per un Dio così è bello spendere la vita!
Ed è allora con queste righe che auguro a voi e alle vostre famiglie di vivere intensamente questo tempo santo che precede e che segue la Pasqua, lasciandovi anzitutto sorprendere dallo “spreco” di amore che Dio ha nei vostri confronti, nei confronti di tutti e di ciascuno.
Ricordandovi nella mia povera preghiera e chiedendovi di fare lo stesso per me e per i miei compagni, vi auguro di cuore una Buona Pasqua!
Un abbraccio fraterno, Marco
Lettere dal Seminario - "Camminando Insieme" n°74 - MARZO 2017

Da Francesco:
Oggi invece vorrei raccontarvi di un'altra esperienza, piccola ma importante, che completa l'aspetto pastorale di cui vi scrivevo il mese scorso: si tratta della cosiddetta caritativa. Vale a dire, quel sabato pomeriggio mensile in cui, a gruppi di tre o quattro, noi seminaristi del Biennio andiamo a far visita ad alcune realtà particolari, dedicate ad anziani, malati o persone con difficoltà psichiche. Io, all'inizio dell'anno, ho scelto la realtà dell'Associazione "La Nostra Famiglia" di Bosisio Parini, che si dedica alla cura e alla riabilitazione di bambini e ragazzi affetti da patologie, fisiche e psichiche, oppure in situazioni di grave disagio familiare in attesa di affido o adozione.
Un breve sguardo alla storia, per avvicinarsi a questa grande e importante realtà. . . Il 28 maggio 1946 i primi due bambini furono accolti nella casa di Vedano Olona, da don Luigi Monza (oggi beato), dalle Piccole Apostole della Carità (da lui fondate) e dalla prima presidente Zaira Spreafico; poi, nel 1954, il Ministero della Sanità stipulò la prima convenzione con un centro extra-ospedaliero di riabilitazione in Italia: era il Centro de La Nostra Famiglia di Ponte Lambro. Da quel momento La Nostra Famiglia ha continuato a crescere, ed oggi è presente in 27 località italiane, e collabora con altri organismi in 6 Paesi nel mondo.
In questo, cosa c'entriamo noi seminaristi? Quello che facciamo è molto semplice: si tratta di fare compagnia ai bambini, dando loro l'occasione di trascorrere un sabato pomeriggio "da bambini", appunto, senza pensare alle cure, spesso dure ed estenuanti, che ricominceranno di lunedì, e alla casa e alla famiglia lontane (molti di loro infatti vengono da altre regioni, e in genere sono accompagnati a Bosisio da uno solo dei genitori). Così, sentendo le nostre voci che li chiamano dall'altoparlante, i ragazzi abbandonano le camere (almeno coloro che possono, perché evidentemente molti non sono nelle condizioni per farlo), e insieme giochiamo a carte o a memory, a Monopoli o a qualche altro gioco adatto anche a chi non può muoversi, e poi disegniamo, chiacchieriamo e ci scambiamo le nostre storie.
Una delle sfide più grandi di questa caritativa è il fatto che, in genere, i bambini e le famiglie non sono gli stessi da un mese all'altro, perché per fortuna spesso le cure riabilitative durano meno: questo rende impossibile costruire una conoscenza, un'amicizia e un dialogo duraturi, e allo stesso tempo stimola a spendersi completamente nelle relazioni, qui e ora, perché non ce ne saranno altre occasioni. Sarebbe egoistico trattenere per timidezza o vergogna un sorriso, una parola di bene, un gesto d'affetto: il bambino, il ragazzo, il genitore che hai davanti ne ha bisogno ora, altrimenti non ne potrà godere più! E questa cosa, imparata a Bosisio, vale anche per la vita: in ogni relazione c'è bisogno di mettersi completamente in gioco qui e ora, senza se e senza ma, perché l'istante che stai vivendo è la cosa più grande che ti sia data, e non puoi lasciartelo scappare senza donarti a chi hai di fronte.
Certo, purtroppo ci sono anche casi in cui un mese di cure a Bosisio non bastano, o non bastano neppure molti mesi. . . Vi racconto un episodio che mi ha colpito: era forse la seconda volta che andavo alla Nostra Famiglia, e tra i ragazzi ce n'era uno particolarmente triste e silenzioso, in sedia a rotelle e con la testa bendata, accompagnato dalla mamma, che sorrideva ma era evidente che partecipava dello stesso dolore del figlio. Immagino che il dolore di entrambi non fosse dovuto tanto alla malattia in sé, quanto all'essersi ritrovati catapultati dentro qualcosa di troppo grande e troppo difficile da comprendere per entrambi, come per tutti. Quando è arrivato per me il momento di andarmene, ingenuamente ho detto loro: "Ci vediamo il mese prossimo!", e la mamma mi ha risposto, abbassando gli occhi, che in verità sperava davvero che, di lì ad un mese, sarebbe stato tutto finito, per suo figlio e per lei, e che dunque non sarebbero più tornati alla Nostra Famiglia, luogo che, per quanto accogliente a familiare, è pur sempre un luogo di sofferenza. Il mese dopo, quando sono tornato, me li sono ritrovati davanti, mamma e figlio: lui non aveva più la testa bendata ma era ancora in sedia a rotelle, e forse non mi ha riconosciuto; la mamma invece ha incrociato per un istante il mio sguardo e mi ha sorriso dolorosamente, quasi imbarazzata per quella agonia che, contro ogni speranza, non era ancora terminata. Mi chiedo ora come stiano, se siano riusciti a ritrovare la pace e la serenità, a tornare a casa, ma, rileggendo tutto questo, mi rendo conto di questo: tante volte, l'impegno concreto e preziosissimo di medici e volontari può distruggere la malattia e il dolore; molte altre volte, per salvare la vita dalla tristezza e dalla solitudine, ci vogliono anche il sorriso e la vicinanza di chi, come noi seminaristi, dedica anche solo qualche ora ai più piccoli; e talvolta, però, l'unica cosa che possiamo fare è custodire queste situazioni difficili nel cuore e nella preghiera, affidandole alle mani di Dio.
C'è anche un altro episodio che vorrei raccontarvi, perché mi ha fatto invece sorridere, ma anche riflettere: un paio di mesi fa, io e i miei due compagni di caritativa stavamo giocando con due bambini vivacissimi e chiacchieroni, che erano lì per alcuni controlli. Ad un certo punto, è venuto fuori che noi eravamo seminaristi, e, dopo aver spiegato molto semplicemente che cosa significhi questo, ci siamo goduti, con un sorriso, le loro facce esterrefatte: "Ma noooo! Siete troppo giovani!". Ecco, direi che nelle loro parole e nei loro volti era presente, in maniera molto innocente, quello che tantissimi giovani e adulti in realtà pensano, rispetto alla scelta di ragazzi di 20, 25, 30 anni, di entrare in Seminario e di diventare preti: è una cosa da vecchi, d'altri tempi! ... E invece no! Io credo che il Signore chiami, e che la Chiesa abbia bisogno, proprio dell'entusiasmo, della freschezza, della novità dei giovani, per testimoniare oggi la Bellezza che salva il mondo!
Ecco, questi sono solo alcuni pensieri nati dal confronto con la realtà dell'Associazione "La Nostra Famiglia", a cui dedichiamo davvero poche ore nel corso della nostra vita di seminaristi... Poche, ma preziose: per noi, perché arricchiscono e fanno fiorire il nostro cammino; per i bambini e i genitori che incontriamo perché, anche se dimenticheranno i nostri volti e i nostri nomi la sera stessa, dopo che ce ne saremo andati, di certo non scorderanno di essere stati voluti bene!
Buon inizio di Quaresima e a presto, Francesco

Da Marco:
Cari cusaghesi,
eccomi a scrivervi prima dell’inizio del tempo forte della Quaresima.
Questo mese in seminario è stato un tempo relativamente tranquillo: “tranquillo”, perché il tempo è trascorso nella quotidianità della vita ordinaria (studio, preghiera, vita comunitaria); “relativamente”, perché comunque anche nella quotidianità non si sta mai troppo tranquilli ma si ha sempre qualcuno da incontrare, qualche cosa da fare, una relazione da scrivere e via dicendo. E questo è bello!
Un’esperienza particolare di questi ultimi giorni è stata la visita ai padri missionari Comboniani residenti vicino a noi, a Venegono Superiore. Con il gruppo GAMis di cui faccio parte, il Gruppo di Animazione Missionaria del Seminario, nella serata di giovedì 23 febbraio siamo stati accolti da questa comunità, che lo scorso anno abbiamo avuto modo di conoscere un po’ più da vicino e con cui stiamo cercando di mantenere i contatti per favorire e approfondire da un lato la conoscenza reciproca e dall’altro il carisma che anima la loro “famiglia missionaria”.
È stato significativo, pertanto, pregare insieme a loro sul tema della salvaguardia del creato, a partire da alcune righe dell’enciclica Laudato sii di papa Francesco e dalla memoria di Berta Càceres, attivista ambientalista uccisa in Honduras lo scorso anno.
È stato interessante riflettere su quanto nel nostro piccolo siamo attenti (e quanto non lo siamo!) alla cura del creato. E questo in relazione agli atteggiamenti più quotidiani (come spegnere una luce, fare la raccolta differenziata o utilizzare carta riciclata…): non era certo la prima volta che ci pensavamo, ma ogni tanto fa bene ricordarselo! Fino ad arrivare ad alcuni aspetti rispetto ai quali sarebbe necessario essere più informati: sapete, ad esempio, che per far funzionare i nostri cellulari o tablet o pc è necessario un metallo – il coltan – che viene estratto e importato dal Congo, uno dei paesi più ricchi del mondo di minerali preziosi e tra i più poveri come condizioni generali di vita? E che ad alimentare questo circolo vizioso è anche l’abitudine di alcuni (o tanti?) di noi di cambiare ogni anno il proprio smartphone per avere in tasca l’ultimo modello? Sono provocazioni importanti…
È stata bella infine la condivisione della cena e, a seguire, la visita al presepe dei missionari che ogni anno attira molte persone, in quanto occasione di riflettere su tematiche importanti legate all’uomo, alla società, al mondo e a Dio. È vero, eravamo un po’ in ritardo, ma non siamo proprio riusciti ad andare prima e loro sono stati molto gentili nel tenerlo fino al nostro arrivo.
In ogni caso ce l’abbiamo fatta prima dell’inizio della Quaresima, per fortuna!
Già, perché ora inizia un tempo nuovo, un tempo importante. Infatti, come dice Papa Francesco nel messaggio per la Quaresima, “è un nuovo inizio, una strada che conduce verso una meta sicura: la Pasqua di Risurrezione, la vittoria di Cristo sulla morte. E sempre questo tempo ci rivolge un forte invito alla conversione: il cristiano è chiamato a tornare a Dio «con tutto il cuore» (Gl 2,12), per non accontentarsi di una vita mediocre, ma crescere nell’amicizia con il Signore”.
E per non accontentarsi – neanche in seminario – di una vita mediocre e per crescere nell’amicizia con il Signore, ecco che è necessario fermarsi: la prima settimana di Quaresima, infatti, dalla sera di domenica 5 marzo fino al sabato successivo, vivremo l’esperienza particolarissima e sempre unica degli Esercizi Spirituali, tempo in cui ci viene chiesto di fare silenzio, con tutto e con tutti, per lasciar parlare e far germogliare in noi la Parola che ci verrà proposta nelle meditazioni comunitarie per poi “ruminarla” negli spazi della riflessione personale e chiarire qualche nodo irrisolto nel confronto con il padre spirituale o il predicatore.
E, al termine di questa intensa settimana, la mia classe ed io vivremo il passo importante del terzo anno, il Lettorato, di cui vi ho scritto nell’ultima lettera. Probabilmente nel momento in cui leggete l’11 marzo è già passato, ma ugualmente vi chiedo una preghiera particolare.
E a questo proposito, termino con le parole con cui papa Francesco chiude il già citato messaggio per la Quaresima: “Preghiamo gli uni per gli altri affinché, partecipi della vittoria di Cristo, sappiamo aprire le nostre porte al debole e al povero. Allora potremo vivere e testimoniare in pienezza la gioia della Pasqua”.
Buon cammino di conversione a tutti! Marco
Lettere dal Seminario - "Camminando Insieme" n°71 - FEBBRAIO 2017

Da Francesco:
Carissimi amici,
la prima sessione di esami si è conclusa bene, ed è ricominciata la vita ordinaria del Seminario... “Ordinaria” per modo di dire: sarebbe meglio definirla ordinariamente straordinaria! Nel senso che non passa giorno senza una novità, un impegno particolare, o semplicemente una bellezza inaspettata: le nuove materie, il nuovo incarico di solista della Cappella Musicale, l’esame del corso cerimonieri di sabato prossimo, la vacanza di classe che si avvicina, le amicizie che diventano sempre più belle e profonde…
Ma uno degli aspetti più belli della vita seminaristica, di cui ancora non vi ho parlato, è quello della pastorale, ovvero dell’impegno in parrocchia la domenica pomeriggio. Per noi del Biennio, appunto, alla pastorale non è dedicato tutto il weekend come al Quadriennio (vedete per esempio Marco!), perché il Biennio è pensato come una comunità più “chiusa”, finalizzata innanzitutto alla nostra formazione come uomini e come cristiani. Nonostante questo, chiaramente la pastorale non è del tutto assente!
Per quanto riguarda me, al momento del mio ingresso in Seminario sono stato assegnato alla Parrocchia Santi Quirico e Giulitta di Solaro, insieme ad altri due miei compagni. Non posso negare che inizialmente un po’ di paura non è mancata: soprattutto, mi chiedevo quale sarebbe potuto essere il mio ruolo di seminarista, perché capivo di non essere più “solo” un animatore, e allo stesso tempo avevo ben chiaro di non dover fare il prete (per questo, a Dio piacendo, ci sarà tempo!). Comunque, come sono arrivato a Solaro mi è stato immediatamente chiaro quale dono sarebbe stato per me: una parrocchia e un oratorio davvero vivi e accoglienti, un parroco e un prete da cui non ho che da imparare, un gruppo di animatori ed educatori entusiasti e motivati…  
In particolare, la domenica pomeriggio è un tempo in cui l’oratorio non è mai vuoto, perché si è scelto di concentrare lì molti dei gruppi di catechesi. Si inizia il pomeriggio con le elementari; a dire la verità, a Solaro si è scelto alcuni anni fa di privilegiare un cammino di catechesi per i genitori dei bambini: essendo loro i primi educatori dei loro figli, è sicuramente importante non trascurare la loro formazione cristiana! Concretamente, cominciamo con un semplice momento di preghiera, generalmente guidato dal parroco; dopodiché, noi seminaristi e un paio di adolescenti animiamo un gioco per i bambini, che dura fino a che non termina l’incontro dei genitori, e dunque si condivide la merenda.
Poi, è il momento della 1a media, che si sta preparando per ricevere i sacramenti della Prima Comunione e della Cresima. Il cammino è guidato dal coadiutore, da noi seminaristi, da due catechisti adulti e da diversi adolescenti e giovani. L’incontro ha inizio nella cappella dell’oratorio, con una preghiera molto semplice; successivamente ci dividiamo nei vari gruppi, dove sempre l’incontro ha lo stile della condivisione e del dialogo, più che della lezione, proprio come avviene anche a Cusago!
Successivamente, ci sono i preado (2a e 3a media), seguiti ancora dal coadiutore e da noi seminaristi, insieme ad un bel gruppo di giovani. Quest’anno si è scelto di trattare i Dieci Comandamenti, cercando sempre di partire dall’esperienza concreta dei ragazzi o da un’attività che li avvicini al tema.
Infine, la domenica pomeriggio si conclude con il cosiddetto Aperi-Vespero, per tutti gli adolescenti e i giovani: prima la preghiera, appunto, del Vespero, e poi la condivisione dell’aperitivo e di qualche chiacchiera in semplicità. Senz’altro l’aperitivo attira, ma davvero la maggior parte dei ragazzi desiderano avere un tempo curato di preghiera in comunità e di intimità con Dio, che dia respiro all’intera settimana.
Certamente poi ogni domenica ha qualcosa di diverso e di speciale, fatto di volti, parole, sorrisi, abbracci, che sarebbe impossibile racchiudere in queste poche righe. Non posso però dimenticare di aggiungere che l’esperienza pastorale più bella di questi primi mesi è stata la vacanza invernale di Capodanno, vissuta sulla neve della Val D’Aosta, sempre insieme agli adolescenti e ai giovani di Solaro. Dico che è stata l’esperienza più bella perché mi ha dato innanzitutto la possibilità di conoscere meglio i ragazzi, raccogliendo confidenze, parlando, giocando, sciando insieme; ma soprattutto perché vedere giovani “normali” vivere ogni giorno la Messa, le Lodi, il Vespero e la Compieta ha sicuramente ridato forte slancio anche alla mia preghiera.
Dopo questi primi mesi, posso senza dubbio dire di aver capito che, specialmente in una realtà così bella, non mi è chiesto tanto di fare qualcosa (perché chiaramente tutto funzionerebbe anche se io non ci fossi), ma di esserci come presenza gioiosa e soprattutto di impara-re, non solo dai preti e dal loro modo di relazionarsi con la comunità, ma anche dai ragazzi, grossomodo miei coetanei, che scelgono di giocarsi con generosità per la comunità e per Dio, in un modo diverso dal mio, ma non meno bello e raro al giorno d’oggi.
Spero che questo racconto possa essere d’aiuto anche alla nostra comunità di Cusago, che si sta mettendo con forza ed energia in cammino!
Francesco

Da Marco:
Cari cusaghesi,
cosa raccontarvi di questo mese passato in seminario?
Beh, dal rientro dopo l’Epifania il tempo sembrava quasi essersi fermato! Dico questo perché la maggior parte delle attività ordinarie hanno subìto una battuta d’arresto per lasciare spazio allo studio e agli esami. Dal 9 fino al 31 gennaio, infatti, in seminario è regnato un clima di silenzio, mattino – pomeriggio – sera, silenzio interrotto solo durante i pasti e la preghiera comune.
La sessione d’esami è un tempo prezioso per fissare i concetti, le intuizioni, gli studi portati avanti durante i primi mesi di lezione. È un tempo prezioso anche perché nella quotidianità capita spesso di non riuscire a ricavare il tempo adeguato per ritornare su quanto i docenti ci hanno spiegato nella giornata o nella settimana: ecco allora che queste giornate sono l’occasione per tornarci su, comprendere, rielaborare e… alla fine essere verificati!
Le materie che mi sono trovato ad affrontare in questo primo semestre dell’anno sono state sei. Per rendervi partecipi – ma senza annoiarvi! – vi dico, sotto forma di domanda, giusto due o tre cose per ogni corso che ci è stato proposto:

  • Trinitaria: come è possibile che Dio sia uno solo e allo stesso trino? Cosa significa che Dio è Padre, Figlio e Spirito Santo? Etica: come l’uomo che legge la Parola diventa simile a Cristo? L’attrazione dello Spirito Santo e la libertà che ognuno di noi mette in gioco nel rispondere a Dio.
  • Storia della Chiesa: cos’è stato il Concilio di Trento? Cosa ha implicato la scoperta dell’America? Come, nella storia di questi secoli, gli Stati e la Chiesa hanno interagito?
  • Sacra Scrittura: Cosa sono i libri sapienziali della Bibbia e di cosa parlano? Cosa dire sulla pazienza e l’impazienza di Giobbe?
  • Diritto canonico (prima parte): perché è necessario un diritto nella Chiesa? Quali i diritti e i doveri di ogni fedele di Cristo, laico o chierico che sia?
  • Diritto pubblico ecclesiastico: quali i rapporti tra Chiesa e Stato? Cos’è l’8x1000 e cosa sono le offerte deducibili?

Il corso che mi ha appassionato di più è stato quello di Trinitaria, un corso impegnativo ma in cui abbiamo potuto entrare un po’ di più in profondità nel mistero del nostro Dio, pur consci che non lo si potrà mai conoscere fino in fondo, appunto perché è Dio!
Finito questo tempo di studio “matto e disperatissimo”, in cui un ruolo importante lo hanno comunque mantenuto la vita di preghiera e l’aiuto reciproco tra fratelli, siamo tornati alla normalità: riprende la quotidianità tra lezioni (ve ne parlerò più avanti!), attività pomeridiane, alcune attività di carità, i gruppi di interesse, vita spirituale ed esperienze in Parrocchia.
L’anno di terza, infine, prevede per la mia classe e per me un passo importante nel cammino seminaristico: in un anno in cui siamo chiamati a crescere nella conoscenza della Parola e a verificarci sempre più alla luce di questa Parola, riceveremo il ministero del lettorato, il ministero della Parola.

In che cosa consiste? Ecco cosa dice l’esortazione che ci verrà rivolta quel giorno:
Ed ora voi diventando lettori, cioè annunziatori della parola di Dio, siete chiamati a collaborare a questo impegno primario nella Chiesa e perciò sarete investiti di un particolare ufficio, che vi mette a servizio della fede, la quale ha la sua radice e il suo f ondamento nella parola di Dio. Proclamerete la parola di Dio nell’assemblea liturgica; educherete alla fede i fanciulli e gli adulti e li guiderete a ricevere degnamente i Sacramenti; porterete l’annunzio missionario del Vangelo di salvezza agli uomini che ancora non lo conoscono.
Attraverso questa via e con la vostra collaborazione molti potranno giungere alla conoscenza del Padre e del suo Figlio Gesù Cristo, che egli ha mandato, e così otterranno la vita eterna. È quindi necessario che, mentre annunziate agli altri la parola di Dio, sappiate accoglierla in voi stessi con piena docilità allo Spirito Santo; meditatela ogni giorno per acquistarne una conoscenza sempre più viva e penetrante, ma soprattutto rendete testimonianza con la vostra vita al nostro salvatore Gesù Cristo.

Dunque, siete tutti invitati a partecipare a questo momento, ciascuno secondo le proprie possibilità. Per chi vorrà e potrà essere presente, la santa Messa è il giorno:

SABATO 11 MARZO – ore 10:30 nella Basilica del Seminario
ma ad ognuno chiedo una preghiera, per i miei compagni e per me, perché davvero sappiamo accogliere questa Parola in noi
“con piena docilità allo Spirito Santo” e rendere testimonianza con la nostra vita a Gesù Cristo, nostro salvatore.

Assicurando ancora una volta la mia preghiera per voi e le vostre famiglie, secondo le intenzioni che avete nel cuore, vi saluto!
Un abbraccio fraterno, Marco

Lettere dal Seminario - "Camminando Insieme" n°68 - GENNAIO 2017

Da Francesco:
Carissimi amici,
finite le vacanze di Natale, è arrivato il tempo della mia prima sessione di esami, tempo di studio intenso, di ore piccole, ma anche e soprattutto di grande fraternità! Proprio di questo, cioè dell’aspetto “scolastico” della vita del Seminario, vi vorrei raccontare oggi.
Innanzitutto, c’è da dire che il tempo del Biennio vuole essere soprattutto un’occasione di crescita personale come uomini e come cristiani; per questo, la dimensione fondamentale che coltiviamo in questi due anni è quella della spiritualità: imparare a vivere sempre più secondo lo Spirito (non a caso si chiama Biennio di Spiritualità!). Tutti gli altri aspetti sono ovviamente importanti, ma rimangono orientati a questo!
In particolare, l’aspetto dello studio è soprattutto un’introduzione a tutti quei temi che poi verranno trattati in maniera più approfondita al Quadriennio Teologico. Potrei elencarvi tutti e sette i corsi che ho seguito in questo primo semestre della 1a Teologia, ma credo sia invece più interessante provare a spiegarvi qual è il senso profondo dello studiare teologia, per un giovane nel 2017, e in particolare per un giovane che nel 2017 ha deciso di entrare in Seminario per seguire il disegno di Dio. Lo farò facendo riferimento ad un testo molto bello di Mons. Severino Pagani che ho studiato proprio di recente.
Innanzitutto, la risposta più semplice alla domanda “Perché studiare la teologia?” è dire che la teologia è un bene per tutta la Chiesa di oggi, perché contrasta la solitudine della fede e la frammentazione caratteristica del mondo di oggi. Soprattutto, un cammino teologico che va verso la maturità comporta tre tappe fondamentali: in primo luogo, la teologia porta ad un approfondimento obiettivo di sé, dei propri sentimenti, delle proprie pulsioni, dei propri rapporti umani e della propria intuizione di fede e di vocazione; poi, conduce ad un approfondimento della verità di Dio, per evidenziare la credibilità della fede e permettere un rapporto vero e autentico con Gesù; infine, la teologia implica un’apertura verso il mondo e la realtà contemporanea, per andare oltre se stessi e farsi carico delle miserie altrui, perché chi non pensa riduce il mondo a se stesso!
Ovviamente, ci sono molte critiche che si potrebbero fare per sminuire il ruolo della teologia: qualcuno – e sto citando opinioni interne alla stessa Chiesa! – crede che la teologia sia inutile (basterebbe l’esperienza spirituale cristiana), qualcuno pensa che sia dannosa (come una forma di arroganza e di esibizione di chi pretende di avvicinarsi a Dio), altri sono convinti che sia contrapposta alla pastorale (come se il sapere non fosse finalizzato all’amare!), altri ancora, infine, pensano che la teologia sia assolutamente necessaria per tutti (anche questo non è vero, perché ovviamente la fede semplice “delle nonne” è inestimabilmente preziosa, quanto quella dei teologi!). Direi che la posizione più equilibrata, rispetto a tutte queste critiche, è vedere la teologia come un vero e proprio modo di vivere, più che come una cosa da fare: è un’occasione per formare la persona a tutto tondo, nella sua unità e unicità!
Soprattutto, c’è un aspetto che viene forse poco considerato, ma che è l’unico davvero essenziale per descrivere la teologia: è l’aspetto del “decidersi per”! Infatti, si ama davvero una persona tanto più la si conosce, e allo stesso modo conoscere Dio non può che spingerci ad amarlo ancora di più, a deciderci per lui, a convertire a lui tutta la nostra vita! E così lo studio della teologia e ogni nostra parola saranno sempre delle risposte: risposte al Suo amore!
Concludo con una frase del testo di Mons. Severino Pagani che mi ha colpito molto e trovo particolarmente vera: “La teologia può aiutare i giovani a tenere vivi i desideri e ad abbandonare ogni pretesa e ad essere più riconoscenti, capaci di ringraziare, di vedere il bene, di esporsi e di rischiare sulla gratuità e sulla gratitudine”.
Colgo l’occasione per ringraziare ciascuno di voi per avermi fatto sentire ancora a casa, quando sono tornato per le vacanze di Natale, e per tutta l’attenzione, la cura e la preghiera con cui mi custodite.
A presto, Francesco

Da Marco:
Cari cusaghesi,
dopo il tempo di Avvento, tempo in cui ci siamo preparati a rivivere l’incarnazione di Gesù, ecco che il Natale e un nuovo anno sono arrivati.
Dio non smette di voler incontrare ciascuno di noi, i nostri cari, le nostre comunità, con le gioie e i propositi, ma anche con tutte le contraddizioni e incoerenze che ci caratterizzano. Il Dio invisibile, infatti, si rivela nel bambino Gesù e in Lui “parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con loro, per invitarli e ammetterli alla comunione con sé” (Dei Verbum, 2). È proprio questo il suo desiderio più grande: essere accolto nella nostra vita, per renderci partecipi della sua gioia ed esserci vicino in tutte le situazioni di dolore e sofferenza. “Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” ci dice Matteo alla fine del suo Vangelo: Gesù è venuto nel mondo per non lasciarci più!
La conclusione dell’anno è stata l’occasione per fare memoria e ringraziare il Signore dei doni che mi ha fatto in questi mesi: una famiglia che mi accompagna da vicino e con discrezione; la comunità del Seminario che mi aiuta a crescere nella sua amicizia; tanti incontri e testimonianze di fede semplice e autentica; fratelli e amici con cui camminare ogni giorno. In particolare ho due motivi per cui ringraziare il Signore: per la fiducia che mi accorda ogni giorno (e che spesso non sono in grado di ripagare!), che ho percepito in maniera ancora più
intensa nel cammino di discernimento che mi ha portato, insieme alla mia classe, al rito di ammissione e vestizione dello scorso 8 settembre; per avermi affidato alla vostra comunità, da cui mi sono sentito accolto fin da subito e in cui percepisco il desiderio, pur in mezzo ad alcune difficoltà e stanchezze, di essere discepoli di Gesù e di camminarGli incontro.
Sono contento, a questo proposito, di aver potuto partecipare alla S. Messa del 23 dicembre, alla presenza del vicario di zona, in cui abbiamo ringraziato insieme per la possibilità di partecipare e contribuire attivamente alla vita della nostra comunità cristiana di Cusago. E sono contento di aver celebrato con voi, nella S. Messa dei bambini, il Natale di questo Dio che ha scelto di entrare nella storia da bambino.
La conclusione dell’anno è stato anche il momento per chiedere scusa di tante occasioni mancate, di cattivi pensieri, di scelte sbagliate: come Paolo, infatti, “non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio” (Rm 7, 19). Così, ancora una volta, l’incontro con la misericordia di Dio ha riaperto la possibilità della comunione vera con Lui e con tutti i fratelli e le sorelle che mi vuole far incontrare.
Ed ecco che un nuovo anno ci viene donato!
Vi sto scrivendo nella festa dell’Epifania, giorno in cui ricordiamo la manifestazione della divinità di Dio nell’adorazione di Magi. Loro sono stati capaci di scorgere nella “semplicità” di un bambino appena nato, di una giovane famiglia e di un letto di paglia la presenza di Dio. Mi domando allora quanto io sono capace di scorgere questa presenza nei segni che ogni giorno sono sotto i miei occhi; mi chiedo quanto sono capace di alzare lo sguardo al cielo, a mete alte, a Dio, e fidarmi della sua volontà di Bene su di me e sulla mia vita, così come i Magi si sono di fidati della stella e sono riusciti a trovare e riconoscere Dio che si è manifestato nella loro vita.
Affidandovi queste riflessioni, vi saluto con una delle orazioni che la Chiesa ha pregato nei Vesperi di questa festa:
O Dio vivo e vero,
che hai svelato l’incarnazione del tuo Verbo
con l’apparizione di una stella
e hai condotto i Magi
ad adorarlo
e a portargli generosi doni,
fa’ che la stella della giustizia non tramonti
nel cielo delle nostre anime,
e il tesoro da offrirti consista
nella testimonianza della vita.
Per Cristo nostro Signore.
Con l’augurio che il tesoro che vogliamo offrire a Gesù sia davvero la testimonianza della nostra vita, nella comunione vera con
Dio e con i fratelli, vi assicuro la mia preghiera e vi chiedo di fare altrettanto per i miei compagni e per me.
Un abbraccio fraterno, Marco
Lettere dal Seminario - "Camminando Insieme" n°65 - DICEMBRE 2016

Da Francesco:
Carissimi amici,
il sentiero dell’Avvento è quasi giunto al termine, e si avvicina la mèta, o forse il nuovo inizio, che è il Natale. Vorrei allora rivolgere a tutti voi il mio augurio: a chi si aspetta già un Natale speciale (come me: sarà il mio primo Natale da seminarista!), a chi è contento ma sa che sarà il solito Natale, a chi addirittura non sopporta il Natale, con il suo carico di parenti semisconosciuti da rivedere, con i regali da pensare, e con quell’atmosfera fiabesca e a tratti melensa.
Chiedendo scusa a chi, come me, ancora non smette di rimanere a bocca aperta davanti a tutte le luci e alle musiche e di emozionarsi contemplando il presepe, questa volta vorrei cercare di assumere il punto di vista di chi, invece, tutte queste cose proprio non le sopporta. Perché alla fine avete ragione voi!
In effetti, il presepe racconta di gente burbera che conduce personaggi trasandati all’incontro con una famiglia povera. Il fallimento di noi amanti del bello e del luccicante, il trionfo di ogni Grinch.
Penso innanzitutto all’angelo: non un «ciao», non uno «scusate il disturbo», non un «permesso». Non si presenta nemmeno, a costo di sembrare appunto burbero, maleducato, impiccione e sfacciato. E un tipo che va dritto al punto: «Non temete». Ehi, un secondo: sembrava un duro e invece subito si preoccupa per chi ha di fronte. Non solo. Se leggessimo tutta la Bibbia, scopriremmo che, tra la gente del Cielo, «non temere» è il saluto più comune, tanto comune da essere ripetuto esattamente 365 volte: una per ogni giorno dell’anno! Come un «ti amo» ripetuto ogni giorno all’uomo, per dargli la forza di essere straordinario. Insomma, chi ci racconta del Cielo non ha bisogno di svolazzare a mezz’aria o tenere un cerchietto dorato sulla testa. A pensarci bene, forse ne abbiamo tutti incontrato qualcuno: sono persone che ci hanno indicato una direzione diversa, che hanno tirato fuori il meglio di noi, che hanno creduto in noi, che ci hanno raccontato che c’è qualcosa dietro alle nuvole, un mondo nuovo, un Cielo nuovo.
E l’angelo sfrontato a chi rivolge il suo dolce saluto? A dei pastori, a gente trasandata, che le formalità non sanno proprio dove stiano di casa. Ce li possiamo immaginare lì, sporchi, puzzolenti, silenziosi, le mani piagate dal lavoro, qualcuno ancora sveglio, qualcuno che invece, più dormiglione, è caduto nel sonno. Nel presepe non hanno nemmeno un posto preciso: li posizioniamo come capita, ad occhio. Sono lì a ricordarci che il Natale dovrebbe essere una festa senza fronzoli, una festa - e qui solo gli under 30 mi capiranno - #nofilter, la festa dei bruttini. A Natale non ci si adegua: ci si presenta con la barba incolta, coi vestiti di sempre, con gli sforzi, gli acciacchi, la fatica di vivere. Non perché vadano bene così, ma perché non possono essere lavati e redenti se non lì, nella grotta, davanti al Bambino Gesù.
E così veniamo agli ultimi personaggi: ultimi non solo perché li sto nominando alla fine, ma soprattutto perché davvero quella volta nessuno ha dato loro retta, «perché per loro non c'era posto nell’alloggio», e così spesso anche oggi non c'è posto nelle nostre vite. Dopo l'angelo burbero e i pastori trasandati, eccoci davanti alla Santa Famiglia povera, raminga e dimenticata. Il centro di tutto, il cuore di tutto: sono loro, anzi è Lui, il Bambino Gesù, a illuminare i nostri volti stanchi, a sanare le nostre ferite per trasformarle in feritoie, a rendere le nostre vite il capolavoro stupendo pensato da Dio.
Ecco il mio augurio a voi, cari amici, per questo Natale: non abbiate vergogna di mostrarvi trasandati, «non temete» di fidarvi di chi vi indica la via del Cielo, e fermatevi a contemplare il Dio che nasce piccolo, povero e nascosto per salvare chi, come lui, è piccolo, povero e nascosto.
In attesa di rivedervi, vi auguro una buona conclusione del tempo di Avvento e vi abbraccio.
In Cristo, Francesco

Da Marco:
Cari cusaghesi,
questo mese è stato un mese un po’ particolare, perché ho passato quasi più tempo a casa in convalescenza che non in seminario: l’herpes Zoster, un derivato del fuoco di Sant’Antonio, mi ha costretto a stare a riposo per un bel po’ prima di tornare alle normali occupazioni quotidiane.
Devo riconoscere, però, che questo tempo è stato un tempo ricco di Grazia, in cui ho potuto fermarmi più del solito a pensare, a riflettere, a pregare, un tempo per cui mi sento di ringraziare il Signore per le numerose attenzioni che mi sono state rivolte: a partire dai miei genitori che mi hanno accudito con tanta cura, dai miei fratelli di seminario che si sono fatti vicini con una visita o con un semplice messaggio, dai preti della mia comunità che mi hanno portato Gesù eucaristico quasi tutti i giorni, dagli amici che sono passati per un saluto, da voi che non avete mancato di farvi sentire.
Davvero ho sentito che il Signore mi è stato molto vicino, oltre che sacramentalmente, da tutte queste persone che mi si sono fatte vicine. Davvero sento che il Signore ci è sempre vicino, in tutto quello che ci capita, anche quando lo sentiamo poco perché non siamo nella disposizione giusta e ci aspetteremmo altro da Lui.
È stato bello rimanere in comunione con la Chiesa e con i fratelli ascoltando la Messa in tv o attraverso la radio. È stato bello pregare Maria per tante persone attraverso il santo Rosario, recitato in famiglia o rispondendo a quello di Lourdes. È stata una grazia essere riuscito a seguire in tempo reale la chiusura dell’anno giubilare della Misericordia, con i gesti e le parole di Papa Francesco (a questo proposito vi suggerisco, se non l’avete già sentita, l’intervista che ha rilasciato a TV2000 proprio in occasione della chiusura della Porta Santa).
Intanto per tutti noi è iniziato un tempo importante, un tempo che si fa occasione - se uno lo vuole - per incontrare ancora più da vicino Gesù, per lasciargli qualche spazio in più nelle nostre giornate ed arrivare preparati ad accoglierlo nel santo Natale: il tempo di Avvento.
Si tratta di un tempo che in seminario (ma anche in parrocchia i momenti e i modi sicuramente non mancano!) si fa veramente ricco di appuntamenti che permettono di approfondire la relazione con Gesù, l’incontro con Lui, soprattutto attraverso la Parola e l’Eucaristia.
Sono proprio queste le due parole chiave: Parola di Dio e Pane di vita, le stesse parole che Carlo Acutis, ragazzo quindicenne di cui si appena chiusa la fase diocesana per la beatificazione, aveva riconosciuto come centro della sua vita, come l’essenziale per raggiungere la santità. Egli aveva capito che “La santità non consiste nell'occupare un posto in una nicchia, ma nella ricerca quotidiana di felicità, nel desiderio di donarsi senza compensi, fuggendo la tentazione di trasformare la vocazione in un ruolo, la vita cristiana in un 'abitudine’' (dalla prefazione a Un genio dell’informatica in cielo, Biografia del servo di Dio Carlo Acutis di Nicola Gori).
E in questo tempo forte, ecco allora che ci vengono proposti diversi momenti che favoriscono l’ascolto e la comunione con Dio e con i fratelli: il mercoledì una riflessione che pone al centro la figura di Maria nella vita di fede e il giovedì una lectio divina sul brano di vangelo della domenica successiva; il giovedì e il venerdì la possibilità di rimanere un po’ di tempo in adorazione personale davanti a Gesù Eucaristico; ogni settimana l’invito ad essere concreti nella carità verso chi ha più bisogno (nello specifico i terremotati del centro Italia e l’aiuto per un progetto missionario in Albania) mediante una busta che ogni seminarista riceve sotto la porta della sua camera e mediante l’acquisto della maglietta proposta dal G.A.Mis. (Gruppo di Animazione Missionaria), che ognuno di noi può estendere ai suoi familiari e amici. Infine, per favorire la comunione reale tra noi, due appuntamenti di “condivisione della fede” in cui, a gruppi, si condivide ciò che si sta vivendo, gioie e fatiche, alla luce della Parola: è un vissuto che sempre apre alla conoscenza tra di noi e a riflettere sulla propria vita a partire dalle esperienze di chi ci è vicino e che non è detto viva allo stesso modo le proposte del seminario e l’impegno in parrocchia.
Ecco allora che ognuno di noi, noi seminaristi e voi parrocchiani, è chiamato a fare spazio a Gesù che vuole entrare nella nostra vita, che ci vuole preparare all’incontro con Lui nel Natale. Sì, è proprio così: è Lui che vuole preparare questo incontro! Spesso pensiamo che troppo dipenda da noi, io per primo. E forse questo è il motivo per cui mi ha colpito molto, in una riflessione che ci è stata proposta nei giorni scorsi, questo aspetto: Gesù si occupa di prepararci, a noi però toccano i due atteggiamenti di docilità e obbedienza. Solo incontrando la nostra libertà il desiderio di Dio di entrare nella nostra vita e portarci la pienezza può realizzarsi.
Questa pienezza è la santità, la vocazione a cui è chiamato ogni cristiano, il suo segno distintivo. Il Papa ci ricorda infatti che “per essere santi, non bisogna per forza essere vescovi, preti o religiosi: no, tutti siamo chiamati a diventare santi! Tante volte, poi, siamo tentati di pensare che la santità sia riservata soltanto a coloro che hanno la possibilità di staccarsi dalle faccende ordinarie, per dedicarsi esclusivamente alla preghiera. Ma non è così! Qualcuno pensa che la santità è chiudere gli occhi e fare la faccia da immaginetta. No! Non è questo la santità! La santità è qualcosa di più grande, di più profondo che ci dà Dio. Anzi, è proprio vivendo con amore e offrendo la propria testimonianza cristiana nelle occupazioni di ogni giorno che siamo chiamati a diventare santi” (dall'Udienza generale del 19 novembre 2014).
E allora non “sprechiamo” questo tempo propizio, in cui Gesù vuole farsi ancora più vicino! Cerchiamo ogni giorno un momento per stare con Lui, ognuno secondo le sue possibilità. Auguro a voi tutti e alle vostre famiglie una buona continuazione di Avvento e un Natale in cui Dio possa riempirvi di gioia, pace e speranza cristiana.
Assicurando la preghiera per voi e le intenzioni che portate nel cuore, chiedo anche a voi di ricordare i miei fratelli e me a Gesù, per intercessione di Maria.
Un abbraccio fraterno, Marco
Lettere dal Seminario - "Camminando Insieme" n°63 - NOVEMBRE 2016

Da Francesco:
Carissimi amici,
rieccomi qui, a scrivervi qualche riga per tenerci vicini e per rendervi partecipi della mia esperienza in Seminario (se volete potete scrivermi anche voi, per raccontarmi di quello che succede a Cusago!).
Lo scorso mese vi ho illustrato come si svolge la giornata sul colle di Venegono. Questa volta, aiutandomi con le parole del nostro Arcivescovo Angelo Scola, vorrei tentare di dare una sorta di “definizione” al Seminario, cercando magari di chiarire qualche vostro dubbio.
Più volte, l’Arcivescovo ha definito il Seminario come una comunità di sequela guidata: parole non proprio immediate, ma che secondo me descrivono molto bene questa esperienza e questo tempo.
Innanzitutto “comunità di sequela” vuol dire che il motivo del mio essere qui, di ogni gesto e di ogni azione della mia vita in Seminario (e l’oggetto del discernimento che devo compiere) è la chiamata di Gesù a seguirLo. Poi significa che lo stare insieme di questo gruppo di giovani uomini a cui appartengo, provenienti da ogni parte della Diocesi (e anche del mondo) e da percorsi di vita molto diversi, scaturisce da un solo fatto: è Lui a metterci insieme, è Lui a donarci gli uni agli altri; ognuno di noi è qui perché qui Gesù vuole che sia, per un disegno più o meno misterioso che giorno dopo giorno cerchiamo di scoprire insieme.
Ma non è solo comunità di sequela, è anche guidata! Questo indica che non siamo soli e abbandonati a noi stessi in questo cammino: c’è una Chiesa che ci accompagna, ovvero (come ogni giorno di più sperimento), una grande famiglia che vuole bene ai suoi figli e li guida attraverso il Vescovo, il Rettore, il Padre Spirituale, i professori e tutti gli altri educatori. Il loro compito, dunque, è quello di trasmetterci la fede e garantirci che stiamo dando la nostra vita per Gesù, preparandoci (se questa sarà la nostra strada) al sacerdozio.
E come viviamo, come mettiamo in pratica tutto questo? Semplicemente, mettendoci in gioco, cercando di vivere ogni giornata e ogni momento come un dono da far fiorire, per il bene nostro e degli altri; rendendoci sempre disponibili alla volontà del Padre; coltivando relazioni buone, perché è nell’altro che scopriamo il volto dell’Altro; impegnandoci a non sottovalutare nulla di quanto ci viene proposto; fidandoci dei nostri superiori anche quando ci sembra assurdo o scomodo, perché sappiamo che anche attraverso la loro voce passa la voce di Dio. E pregando, perché niente di tutto ciò avrebbe senso, se non ci mettessimo continuamente nelle Sue mani!
Per questo, vi chiedo di custodire me e tutta la comunità del Seminario nel cuore e nella preghiera, come noi custodiamo voi: sarà soprattutto questo il nostro modo di camminare insieme!
Ringraziandovi, auguro a ciascuno di voi un Avvento davvero denso di attesa e di gioia!
In Cristo, Francesco

Da Marco:
Cari cusaghesi,
un saluto a tutti!
Oggi vorrei raccontarvi la vita che facciamo in seminario al Quadriennio, un po’ diversa da quella del Biennio che vi ha raccontato Francesco il mese scorso!
Infatti non so se tutti ne sono a conoscenza, ma a Venegono vivono due comunità di seminaristi: quella del Biennio di spiritualità e quella del Quadriennio teologico. Il primo è dedicato ad un lavoro intenso di discernimento e lavoro su di sé, in modo che il seminarista sia aiutato a rileggere la sua vita e a verificare l’intuizione della chiamata che ha percepito da Gesù. Nel frattempo incominciano gli studi e si vive anche un “assaggio” (solo un pomeriggio alla settimana) di servizio pastorale in un oratorio a cui si viene destinati. Il secondo ha un orientamento maggiormente teologico, per quanto riguarda gli studi (più orientati alla teologia che non alla filosofia del Biennio), e pastora-le, cioè miranti alla formazione del futuro “pastore”: in terza teologia per esempio, cioè l’anno della mia classe, veniamo destinati per due giorni ad una
parrocchia che ci aiuti a crescere in questa dimensione e che noi cerchiamo di servire con le nostre capacità. Si tratta quindi di due comunità che hanno obiettivi formativi diversi e che, di fatto, vivono separatamente nelle due aree del grande regno venegonese, ritrovandosi insieme in occasione di alcune celebrazioni e feste particolari.
In che cosa cambia concretamente la vita del Quadriennio rispetto a quella del Biennio?
Un segno evidente è il cambio di abbigliamento: con il rito di ammissione ai candidati sacerdoti, ci viene chiesto di vestirci da preti, quindi portare la veste talare nera e la cotta bianca (principalmente nelle celebrazioni) e sempre il clergy, quel colletto bianco che è segno della scelta che abbiamo fatto davanti alla Chiesa. Questi segni mi ricordano che sono stato chiamato da Gesù: non posso più comportarmi solo secondo le mie idee e i miei modi di fare, ma sempre avere chiaro che ogni cosa che faccio la faccio perché me la chiede Gesù e in ogni cosa devo cercare di lasciar trasparire Lui al posto mio, pensando a come si comporterebbe Lui. È un po’ quel-lo che il cardinale ci ripete da qualche anno, chiedendo a tutti noi fedeli di Milano di “lasciarci educare al pensiero di Cristo”. E tutti sappiamo che non è sempre facile, ma dobbiamo impegnarci sempre e riprovarci sempre da capo, attingendo a tutti gli aiuti che Lui ci dà e che ognuno, secondo la sua vocazione, deve coltivare: l’ascolto della sua Parola, l’Eucaristia, la confessione frequente.
E sono proprio questi i pilastri a cui i nostri educatori ci formano e che stanno diventando anche il centro della mia vita, sebbene non sempre è facile essere fedele e anche qui il rischio è di fare e fare, trascurando la sorgente di tutto, trascurando la relazione personale con Gesù!
A questa dimensione più “spirituale”, se ne accostano altre tre: lo studio, la comunità, il servizio pastorale. Riguardo allo studio, ogni mattina dalle 9:00 alle 12:30 frequentiamo le lezioni: etica fondamentale, diritto pubblico, diritto canonico, esegesi, storia della Chiesa, trinitaria… è vero: già i nomi sono un po’ difficili, quindi non mi dilungo. Ma se volete qualche dettaglio in più scrivetemi pure! Riguardo alla vita comunitaria, posso dire che questo è un altro punto di forte differenza rispetto al Biennio di spiritualità: infatti se nei primi due anni la vita comunitaria è molto strutturata, ora essa è più libera e da costruire: questo è bello, perché responsabilizza nel creare rapporti personali, nel cercare l’altro, nel farsi vicino e nel lasciarsi voler bene, ma richiede anche grande attenzione per non rischiare di chiudersi in sé o di creare qualche gruppetto isolato. Il servizio pastorale, infine, è il quarto dei pilastri della vita seminaristica: di questo però non vi scrivo molto, perché è il pilastro che stiamo costruendo insieme!
Ma torniamo alla quotidianità di Venegono. Come ogni comunità, le cose vanno bene se ciascuno ci mette del suo: ecco perché ognu-no ha i suoi compiti da svolgere al meglio. Quest’anno faccio parte del gruppo dei baristi e dei fotocopiatori. Ma di occupazioni ce ne sono molte altre: fioristi, sacristi, rilegatori, postini, direttori dell’assemblea…
Inoltre ognuno può scegliere di partecipare a uno o più gruppi di interesse: GISP (Gruppo di Interesse Socio-Politico), GAMis (Gruppo di Animazione Missionaria), VaLiCa (Vangelo Liturgia Catechesi), coro e CAF… essendo formato ciascun giorno da 24 ore e faticando già qualche volta a trovare il tempo da dedicare allo studio, ho scelto quest’anno di partecipare solo ad un gruppo: il GA-Mis. Questo per tenere vive le mie radici e per aiutare la comunità nella sensibilizzazione a questo tema.
Un ultimo aspetto, ma molto importante riguarda il confronto con il Padre Spirituale e con il Rettore: queste due figure ci guidano nel cammino del discernimento e ci danno indicazioni e riscontri su come stiamo camminando in comunità, in parrocchia, nella nostra vita. Questo ci dà la garanzia di non camminare da soli, di non seguire semplicemente le nostre idee e di avere uno sguardo oggettivo che veda anche oltre ciò che noi possiamo vedere o capire di noi stessi. Penso sia molto importante che ogni cristiano trovi una guida per sé e per il proprio cammino, almeno un confessore di cui si fidi e che incontri regolarmente. Per me è importante e mi accorgo che lo diventa sempre di più.
Ora vi saluto, torno alle mie occupazioni!
Questa settimana è per noi la Settimana eucaristica: vi ricordo in modo particolare a Gesù, ringraziandolo di avermi affidato a voi! Anche a voi chiedo una preghiera per me e per i miei fratelli.
Un abbraccio fraterno, Marco
Lettere dal Seminario - "Camminando Insieme" n°61 - OTTOBRE 2016

Da Francesco:
Sono passate già due settimane dal giorno in cui sono en-trato in Seminario: due settimane davvero dense di novità, di incontri, di gioia; due settimane di certo particolari, che avrebbero potuto nascondere non poche fatiche, ma in cui mi sono invece sentito davvero accolto dalla Comunità di cui ora faccio parte e accompagnato da tutti voi, nella preghiera innanzitutto, e poi nei tanti messaggi e nella giornata “Accompagna un Amico in Seminario”, alla quale i miei amici dell’oratorio hanno partecipato con entusiasmo.
Grazie a tutto questo mi sono reso conto di quanto in realtà la mia scelta di entrare in Seminario non riguardi solo me, ma anche tutti voi: essendo la Comunità in cui ho trascorso i primi diciotto anni della mia vita, avete avuto e ancora avete un ruolo importante in questo!
Per questo motivo vorrei davvero cercare di portarvi con me lungo questo cammino: innanzitutto – ancora una volta – nella preghiera, e poi anche in queste brevi lettere che sto iniziando proprio ora a scrivervi.
Per cominciare, immagino che molti di voi – soprattutto i giovani, ma probabilmente non solo –  si chiedano che cosa io faccia qui. Cerco allora di raccontarvi un po’ la mia giornata tipo!
Normalmente la sveglia è presto (ma neanche troppo, per chi è abituato ad andare a scuola o al lavoro!): alle 6:30. La giornata ovviamente non può che iniziare con la preghiera delle Lodi in cappella: questo fin da subito ci richiama al senso del nostro essere qui, dà un ordi-ne al giorno che sta iniziando e ci mette in comunione con la Chiesa di tutto il mondo e di tutti i tempi, che ha pregato, prega e pregherà con queste stesse parole. C’è poi il tempo per la meditazione personale e, subito dopo, la Santa Messa, vero centro nevralgico della vita e della giornata per noi cristiani! Infine, dopo questa lunga e sostanziosa “colazione” per lo spirito, arriva – finalmente! – anche la colazione per il corpo, alle 8:30.
Trattandosi, tra l’altro, di un vero percorso accademico, alle 9 iniziano le lezioni: per ora seguo Introduzione alla Teologia, Teologia Spirituale, Storia della Chiesa (dal I al V secolo), Storia d’Israele, Sacra Scrittura (il corso di quest’anno è incentrato sul Pentateuco), Filosofia del Novecento, Greco. Potrebbe sembrare la parte più noiosa della giornata, ma in realtà qui è proprio chiaro che non si tratta di immagazzinare nozioni, ma di conoscere più a fondo Gesù per amare come Lui: sui banchi di scuola si diventa più cristiani tanto quanto in chiesa, in oratorio coi ragazzi e al bar con i compagni!
Alle 12:30 si concludono le lezioni e si pranza, non solo con i compagni, ma anche con gli educatori e i professori, che si stanno rivelando essere persone davvero simpatiche, gentili, affabili e interessanti (speriamo che rimangano tali anche il giorno dell’esame)!
Dopo pranzo stiamo tutti insieme al bar, per coltivare la dimensione – evidentemente fondamentale – della fraternità, chiacchierando, leggendo insieme il giornale, giocando a carte, ping-pong o biliardino.
Il pomeriggio, poi, normalmente è tutto dedicato allo studio, interrotto da mezz’ora di intervallo e mezz’ora di meditazione personale. Lo studio si può vivere liberamente: in stanza o in biblioteca o da qualsiasi altra parte (c’è solo l’imbarazzo della scelta!), da soli o in gruppo; quello che ho notato finora è che comunque non sono mai ore lunghe e pesanti!
Dopo il pomeriggio di studio, c’è la recita comunitaria dei Vespri e la cena, seguita da un momento di fraternità al bar, durante il quale generalmente anche i superiori (Rettore, Vicerettore e Padre Spirituale) stanno tranquillamente con noi seminaristi.
Le sere non sono mai uguali: le attività sono diverse tra i vari giorni della settimana! Qualche volta si guarda un film, altre volte ci sono le prove del coro o del CAF (Canto Ambrosiano Fermo), altre si ritrova il GAMis (Gruppo di Animazione Missionaria), altre c’è l’adorazione eucaristica. Ed ecco che, alle 23:00, in un soffio è già arrivato il momento di andare a dormire!
Ovviamente io vi ho descritto l’ordinarietà dei giorni, ma in realtà, come potrete ben immaginare, non mancano momenti più straordinari a rendere ancora più dense e belle le giornate (per esempio, settimana prossima ci sarà una gita pomeridiana). Si sta davvero poco con le mani in mano e di certo non c’è la possibilità di annoiarsi, almeno non se si vivono appieno tutte le proposte che ci vengono offerte dal Seminario, ma le si vive come Gesù! L’importante è sempre mettersi completamente in gioco!
Ringraziandovi ancora una volta, vi auguro di vero cuore un buon mese! Non esitate a scrivermi, a chiamarmi o a venire a trovarmi: sapete dove sono!
Un abbraccio, Francesco

Da Marco:
Un saluto di cuore a voi tutti!
Dopo le prime settimane di presenza in mezzo a voi, è arrivato il momento di presentarmi direttamente dall’informatore parrocchiale: originario di Besana in Brianza, più precisamente di una frazione che si chiama Villa Raverio, mi chiamo Marco Della Corna, classe 1986 e sono seminarista di terza teologia.
A differenza del vostro caro Francesco che, finite le scuole superiori, ha scelto di entrare subito in seminario, per me la decisione è venuta qualche anno più tardi. Finito il liceo, infatti, mi sono iscritto alla facoltà uni-versitaria di Matematica e, laureato, ho insegnato per poco più di tre anni in alcuni licei di Milano.
Ho frequentato l’oratorio e la parrocchia da quando ero bambino, incominciando con il servizio di chierichetto e cerimoniere, per passare poi nel gruppo animatori e diventare educatore del gruppo adolescenti della nascente Comunità Pastorale, che ha visto riunire le sei parrocchie del nostro comune.
Negli anni dell’università ho conosciuto un padre missionario della Consolata, istituto con sede a Torino e diverse case in Italia, tra cui una a quindici minuti da casa. La realtà della missione mi ha aperto ed educato alla dimensione universale della Chiesa e all’attenzione al povero, vicino e lontano. Bella è stata anche la possibilità di vivere un’esperienza di missione: un mese nella Repubblica Democratica del Congo, nel 2008.
È proprio in questi anni che ho preso in considerazione un po’ più seriamente la mia vita spirituale, iniziando a tenere un quaderno spirituale e a farmi consigliare da una persona “adulta” nella fede: quel padre che, appunto, avevo incontrato quasi per caso. Non avevo ancora idea che sarei entrato in seminario, ma volevo capire un po’ meglio il senso della mia vita: per chi valeva la pena spenderla e, di conseguenza, quale direzione darle. Nel frattempo ho iniziato a lavorare. Ero contento. Tutto quello che facevo mi piaceva: con i ragazzi in oratorio e scuola stavo bene; al lavoro c’era un ottimo rapporto coi colleghi, nel gruppo missionario mettevo tanto impegno, insieme ai miei amici… eppure qualcosa mancava!
Mi sono reso conto che Gesù, in questa inquietudine, una “sana inquietudine”, mi stava parlando: mi stava chiedendo un “di più” per essere davvero felice.
E da qui è iniziato il cammino di discernimento vero e proprio (che magari vi racconterò un po’ più nello specifico di persona o in un’altra puntata!), un cammino che mi ha portato dapprima a considerare l’ipotesi di dedicare a tempo pieno la mia vita a Gesù, e non solo alcuni momenti, e in seguito a verificare concretamente questa “intuizione” scegliendo di entrare in seminario a Venegono.
E così, giovedì 18 settembre 2014, accompagnato dai miei genitori, dai preti e dalla suora della Comunità Pastorale, è arrivato il primo passo: l’ingresso in seminario, l’ingresso al Bienno Teologico. Il tempo vola, è proprio vero! E quest’anno, giovedì 8 set-tembre in Duomo, sotto la protezione di Maria, un secondo passo importante: il rito di ammissione tra i candidati al sacerdozio, accompagnato dal segno visibile della vestizione. Qualche giorno dopo ci è stato comunicato a quale comunità cristiana saremmo stati affidati per crescere nella fede e nel servizio ai fratelli… e indovinate: Cusago!
Già da ora vi ringrazio, perché siete stati molto accoglienti, facendomi subito sentire a casa e voluto bene! Mi affido anzitutto alla vostra preghiera, per me e per i miei fratelli di seminario, assicurando lo stesso per voi, le vostre famiglie, i vostri cari. Marco
Parrocchia Ss. Fermo Rustico Cusago - C.F.: 80063510152
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